ROMA-INTER. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Sì sono divertiti in tanti: gli interisti, gli “amanti del calcio”, i gufi. Io, invece, per nulla, come ogni volta in cui la Roma non vince.
Roma aggressiva, Inter sorpresa ma che comunque va in vantaggio. C’è fuorigioco e probabilmente fallo di Thuram: ma, nel nuovo corso, la protesta deve essere pacata.
Guida va al VAR: caso più unico che raro, non torna sulla decisione presa e convalida la rete del vantaggio nerazzurro.
Velo pietoso su Rui Patricio, rivedibile su almeno due goal e in uscita a farfalle in un’occasione che per fortuna si perde.
Pellegrini continua la sua rincorsa al giocatore che fu due stagioni fa: la palla tagliata per il pari di Mancini è di quelle tra portiere e difesa che mettono in difficoltà chiunque.
Non si accontenta la Roma, reattiva e pure concreta quando, con contropiede perfetto, trova il 2-1 con El Shaarawy.
L’attaccante italiano, bravissimo nelle due fasi, è pure fortunato perché colpisce il pallone prima col destro ma, così facendo, quasi lo aggiusta al meglio.
Intervallo, vantaggio contro una corazzata: la partita bisognerebbe trovare il modo di congelarla, tentando di portare a casa la posta piena.
Invece pronti, via e una Roma calata fisicamente sta ancora lì, a giocare a viso aperto.
Solito regalo di Karsdorp, Mkhitaryan batte veloce la punizione mentre Cristante e Paredes sono in modalità “nuovo corso” e non si mettono sul pallone.
Pellegrini è mezzo piegato sulle ginocchia, Angeliño marca Huijsen e lascia libero di crossare Darmian: tutto sbagliato.
Bisognerebbe interrompere l’inerzia dell’Inter, inserire Bove senza dover aspettare per forza l’ora di gioco per fare i cambi. Così non è e la Roma prende allora anche il terzo goal.
I cambi danno qualcosa ai giallorossi, con addirittura il redivivo Spinazzola a spingere bene a sinistra.
Gran palla di Pellegrini: Lukaku è tutt’altro che freddo e, purtroppo, si lascia ipnotizzare da Sommer.
Il belga – sicuramente in flessione dopo Natale – finisce nel mirino delle critiche, sebbene i numeri parlino di un goal ogni due partite giocate con la Roma.
Come nella migliore (peggiore) tradizione romanista, c’è quasi euforia per una “bella” sconfitta e sul banco degli imputati finiscono i più forti anziché i mediocri.
Un po’ come quando – solo per fare uno tra i tanti esempi storici – il problema era Giannini, anziché Bonacina, Benedetti o Lorieri.
Meno male che almeno De Rossi sottolinei come accettare i complimenti dopo le debacle sia segno di mediocrità: l’auspicio è che si stanchi presto di vivere le brutte sensazioni che queste lasciano.