La svolta di De Rossi si sviluppa in tre mosse. I Friedkin hanno preteso un cambiamento visibile
(CORRIERE DELLO SPORT) Se non è una rivoluzione, chiamiamola almeno ristrutturazione. Sfruttando l’ecobonus del cambio tecnico, i Friedkin hanno preteso una decisa sterzata nella Roma. E hanno affidato a De Rossi il compito di ripristinare la normalità e l’armonia del lavoro a Trigoria, dopo mesi di tensioni interne determinate dall’incertezza progettuale. Non si tratta di creare una frattura con l’era Mourinho, del quale nessuno può disconoscere i meriti in due anni e mezzo vissuti al massimo, ma di creare nuovi equilibri in una fase transitoria.
In meno di due settimane, non a caso, De Rossi ha ribaltato i metodi del predecessore. Non per presunzione e tantomeno per delegittimare l’illustre collega, ma solo per trasmettere alla squadra un’impronta forte. Gli allenamenti sono più lunghi e più intensi di prima, seguendo la filosofia di DDR che in questo senso ha imparato tanto da Luis Enrique e da Conte: dal primo per le continue esercitazioni con la palla, dal secondo per il ritmo che in ogni seduta dev’essere altissimo. E’ stato proprio lui, il nuovo capo, a confessare dopo la vittoria con il Verona di aver fatto trottare i giocatori durante la prima settimana a Trigoria: «Qualcuno alla fine era un po’ imballato…».
L’altra novità immediatamente riconoscibile è stata il passaggio al 4-3-3. Nel sabato del debutto all’Olimpico, in un clima molto complicato, la rinuncia a difendere con cinque uomini era stata quasi obbligata, a causa delle squalifiche di Mancini e Cristante. De Rossi però dovrebbe confermarla anche domani sera a Salerno. (…)