JUVENTUS-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – La Roma ci prova: va vicino al goal, poi un rimpallo e subisce la rete che decide la contesa. Ne abbiamo viste 100 cosi, a Torino: Juve-Roma è come Il Giorno della Marmotta, identico che continua a ripetersi.
Formazione scontata con Dybala recuperato: l’argentino crea gioco e sfiora la rete con un delizioso esterno: poi, inevitabilmente, va spegnendosi.
Molti saranno “contenti” – sull’onda delle idee dei nuovi allenatori rampanti – di aver lasciato una buona impressione, almeno nel primo tempo: io preferirò sempre le critiche al gioco ma i punti in tasca.
Punti che non arrivano per una serie di motivi, che proviamo a mettere a fuoco.
Iniziamo dai calciatori spremuti per mancanza di alternative o perché le alternative non sono del medesimo livello dei titolari.
Nel primo caso rientrano Mancini – che chiude praticamente giocando da fermo – e Cristante; nel secondo Lukaku, che nelle ultime settimane risulta appannato anche quando segna.
C’è poi l’atteggiamento, secondo me, della ripresa: possibile che chi sta in cabina di regia non riesca a osare nulla più di un passaggio orizzontale?
E chi gioca sulla fascia sinistra venga sistematicamente dentro il campo, senza provare a puntare e a saltare gli avversari per allargare il gioco e trovare, magari, un cross dal fondo?
Da segnalare poi, negativamente, gli ingressi dalla panchina: se solo sabato scorso erano stati decisivi, ieri sono stati tra l’ininfluente e il controproducente.
C’è, infine, la questione arbitrale: se la manata di Kristensen su Kvaratskhelia è ammonizione, quella di Locatelli su Cristante è calcio di rigore. Poi, va detto come semplice ma doverosa analisi, la proiezione grafica della posizione e della postura di Rabiot in occasione del goal vittoria differisce dall’immagine reale. Sarebbe d’uopo che la Roma chiedesse e che l’AIA spiegasse.
Ora, alcune considerazioni di fine anno solare: 28 punti in classifica dopo 18 giornate sono ben pochi; la stagione è comunque lunga e l’impressione è che ci sia margine per restare in zona quarto posto.
La Roma pensata (in ritardo) ad agosto, semplicemente, non esiste. Smalling non c’è; Renato Sanches ha purtroppo confermato tutti i dubbi (certezze) che precedevano il suo arrivo; Spinazzola è ai titoli di coda: dopo il gravissimo infortunio subìto, ricordiamo uno straordinario Roma-Salisburgo e poi solo tanta mediocrità.
I giallorossi avrebbero bisogno di giocatori subito: non sappiamo chi, se arriverà e in quali tempi. Male, per me, aver rinunciato a Bonucci: il pensiero è andato a Dino Viola il quale, al contrario di quanto accaduto ai giorni nostri, fece doverosamente valere la Ragion di Stato – la Roma, la cosa più importante – tesserando Manfredonia.
Il 2023 si chiude con un’amarezza ovviamente imparagonabile a quella di Budapest, serata (leggasi Taylor & Co.) che alla Roma – come ricordato ieri da Mourinho – ha tolto non “semplicemente” una coppa.
Auguri Roma e auguri a tutti voi, che avete la bontà e la pazienza di leggermi, di un 2024 straordinario!