Il campione fragile
STORIE GIALLOROSSE di Franco BOVAIO – Chi segue abitualmente questa rubrica sa che la dedichiamo spesso a giocatori della Roma di un passato più remoto che recente. Stavolta, invece, vogliamo parlare di un romanista di tempi più vicini a noi: l’argentino Diego Perotti, figlio d’arte (suo padre aveva giocato insieme a Maradona, del quale era anche amico) e pilastro della squadra giallorossa dal gennaio del 2016 al 2020. Perché Perotti, secondo noi, é stato davvero uno dei calciatori più forti che hanno vestito la nostra maglia negli ultimi anni, per un totale di 138 partite con 32 gol. Molti dei quali su calcio di rigore, che era la sua specialità insieme a quella di fare gli assist. Ma il suo limite, purtroppo, erano gli infortuni, altro motivo che ci ha spinto a ricordarlo perché dalla sua vicenda poco sembra aver capito l’attuale dirigenza giallorossa, anche se é tutta cambiata rispetto a quando giocava lui. Perché come ha affermato proprio oggi il mister del terzo scudetto Fabio Capello parlando della Roma attuale: « Le scommesse su giocatori a rischio non hanno pagato, i tanti infortuni subiti non hanno permesso di incidere » (fonte Gazzetta dello Sport).
Ecco, il punto. Crediamo che se in quegli anni la Roma avesse potuto avere un Perotti al massimo della forma anziché spesso a mezzo servizio anche quando giocava, avrebbe conseguito risultati ben più importanti di quelli che ha ottenuto. Proprio come la Roma di oggi, guidata da quel Mourinho che, sempre per Capello, é il « valore aggiunto per risalire in classifica».
Diego Perotti come i tanti campioni a mezzo servizio di oggi, dunque, che sono stati presi per scommessa, come spesso accade quando si deve fare di necessità virtù. Senza tener troppo conto della loro storia clinica, che diventa fondamentale in un calcio che si gioca a ritmi ossessionanti e che, per questo, sembra sempre meno adatto a chi é fortissimo ma ha i muscoli fragili.