Mourinho, il decalogo silenzioso e la caccia all’ultima Coppa
(GAZZETTA DELLO SPORT) Una stanza, spezzone di video che scorrono, la tensione che si taglia con lame virtuali. Quella Armata Brancaleone chiamata Roma ha perso da meno di 24 ore una terribile partita contro il Genoa e ora incombe il derby casalingo con un Frosinone strutturato per fare meraviglie. Serve una svolta.
Sullo schermo passano immagini di cattivi posizionamenti in fase di non possesso, di palle inattive calciate male e affrontate senza nerbo, in generale di un approccio alla partita non degno di una squadra con una classifica deficitaria per stipendi e ambizioni. In questo contesto a mezza strada fra malinconia e timori, prende la parola José Mourinho, che dice alla squadra: “Vi farò delle domande sulla partita che abbiamo giocato, ma le risposte le darò io. Se pensate che stia dicendo delle cose sbagliate, alzate la mano e mi dite quello che è il vostro pensiero”.
Da quel momento – più o meno come accadde a Mosè sul Monte Sinai – viene consegnato ai giallorossi un decalogo di errori fatti e da non ripetere. Sembra quasi ovvio aggiungere che nessuno abbia preso la parola per obiettare. La sensazione è che l’allenatore portoghese non sia rimasto affatto sorpreso, e il motivo lo ha detto anche a loro: “Io so già quello che voi pensate”. Empatia straordinaria verrebbe da dire, ma anche un modo per ribadire che non si è degli Special One per caso.
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