SHERIFF-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – In partite insidiose come quella di ieri, non bisogna guardare null’altro che l’unico motivo dalla trasferta: i tre punti.
Fondamentali, per iniziare al meglio un girone che va vinto; presi in una serata dove non mi è piaciuta la leziosità della prima ora.
Almeno un paio di circostanze in cui si voleva entrare in porta con il pallone: troppo e troppo pericoloso.
Meno male che c’è Lukaku, un po’ meno attratto dai fronzoli e più dal fatto di segnare: una palla buona per lui (giocata di Dybala, giocatona di un Cristante sempre più bravo da mezzala) e tacca aggiunta sulla cintura.
Dietro c’è N’Dicka che va rivisto; forte di testa ma appare sofferente in velocità a campo aperto.
Meno male che c’è Svilar: uscita salva risultato, quella del portiere di riserva, allo scadere, che evita beffa e polemiche.
Si rivede dal 1’ Karsdorp: buon fattore in fase propositiva; modello Celik con Leao in quella difensiva. Per fortuna il palo salva la Roma.
A sinistra c’è la brutta copia di Zalewski: poco collaborativo difensivamente; davanti si vede quasi solo per un destro finito in curva.
Invece – e non ne sono mai stato un particolare estimatore – mi continua a piacere Paredes, entrato bene in campo come un tignoso e utilissimo Bove: non una novità.
Primo tempo, oltre che lezioso, giocato in “inferiorità numerica”: Aouar a scartamento ridotto; Renato Sanchez con le difficoltà che ne hanno sempre contraddistinto la carriera.
Quando si attacca Mourinho, andrebbe sempre valutato quanto i giocatori di grido a disposizione siano – spesso – soggetti ad esser disponibili solo sulla carta.
Ora, nel girone, Servette e Slavia Praga in casa: successi indispensabili da ottenere, anche per disinnescare gli incroci con il campionato, che vogliono la Roma sempre in trasferta (domenica e alle 18!) dopo il giovedì di coppa.