STORIE GIALLOROSSE… La spalla dei campioni
L’uomo che ha giocato accanto a campioni come Rivera, Falçao, Cerezo e Maradona aveva i capelli di color albino e correva anche per loro. Il nome di battesimo particolare (Ruben) e quei capelli così appariscenti lo avevano aiutato a farsi notare con il Monza, che nel ’77 aveva sfiorato la promozione in A. Così era finito al Milan, dove Rivera stava giocando gli ultimi scampoli di carriera. Il giovane Ruben gli dava lei e in campo si faceva in quattro per sopperire alla non proprio eccelsa mobilità del campione. Nel 1979 hanno vinto insieme lo scudetto della stella dei rossoneri allenati da Liedholm, che a Buriani lo schierava sempre titolare in un centrocampo che era il giusto mix tra giovani (lui, Novellino e De Vecchi) ed esperti (il succitato Rivera, giunto all’ultimo anno di attività e gli ex giallorossi Giorgio Morini e Capello). Ma il Milan, poi, fu retrocesso in B per via del calcio-scommesse e con lui Buriani, che nell’82 salutò Milano per andare al Cesena, non lontano da casa sua, visto che è nato in provincia di Ferrara.
A 27 anni la sua carriera sembrava avergli già regalato il massimo. Invece Dino Viola, colpito dal suo moto perpetuo e dalla sua esperienza vincente in una della grandi del nostro calcio, lo portò alla Roma, dove però Buriani non ritrovò il vecchio maestro Liedholm (appena tornato al Milan) ma Sven Goran Eriksson, che amava i giocatori dinamici come lui. E non a caso, nella sua unica stagione in giallorosso, giocò ben 33 partite ufficiali tra campionato (24) e coppe in un centrocampo che schierava campioni del calibro di Falçao e Cerezo. “Il primo, tecnicamente fortissimo, non era un vero e proprio leader, stava molto sulle sue – dirà poi Buriani in una intervista rilasciata anni dopo a Ceniti, della Gazzetta – mentre Cerezo era una vera forza della natura”.
A fine stagione la Roma lo cedette al Napoli, dove si trovò a giocare accanto ad un altro mito: Diego Armando Maradona. Ma qui la sorte gli riservò una sorpresa amara, per di più proprio nello stadio dove si era consacrato, S.Siro. In un Inter-Napoli Mandorlini gli spezzò una gamba e dopo sei mesi di inattività, dovuti alla lunghissima riabilitazione, il Napoli lo licenziò in tronco. Come prevedevano le norme federali. La carriera del biondo Buriani, praticamente, finì qui. Ma alla Roma e al Milan lo ricordano ancora correre per tutti in un centrocampo di campioni. Come si diceva una volta, sarà perché i biondi in mezzo al campo si notano di più?
(Rubrica a cura di Franco BOVAIO)