ROMA-CREMONESE. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – C’è poco da fare: è una disfatta. Perché vivere con la consapevolezza di una semifinale da giocare, in aprile, avrebbe tenuto la mente connessa con la possibilità di vincere un nuovo trofeo.
Io capisco Mourinho: le difficoltà fisiche di Matìc; l’esigenza di centellinare Dybala; la necessità di mettere Pellegrini in campo in quelle condizioni; Solbakken ancora non pronto; Camara out più, forse, per questioni di riscatto del cartellino che non per scelta tecnica.
“Ma come, pure contro la Cremonese servono i titolari?”, la domanda che in molti si fanno. Assolutamente sì, se lo scalino tra i primi 11 – dove si può, tra l’altro, migliorare molto – e le seconde linee è così netto.
Da queste serate non è stato immune neppure Capello: dall’eliminazione col Cagliari a quella col Brescia, passando per la famosa Atalanta, nel quinquennio del friulano erano quasi sempre Via Crucis più che percorsi di coppa.
Ma il motivo era più o meno lo stesso di ieri: fare una scelta per dosare le forze, nel calcio dove qualificarsi alla Champions è più importante di provare a vincere la coppa nazionale. E, dove, la rosa, non permette la gestione di tutte le competizioni.
Ieri Mou sbaglia, ci mancherebbe: ma il controllo errato di Kumbulla – su passaggio all’indietro senza senso del giovane Tahirovic, non meno colpevole dell’albanese – è una giustificazione per l’allenatore, che gli concede il minimo minutaggio possibile.
Se, per disperazione, si deve spostare Celik a sinistra che praticamente non azzecca un cross, rimpiangendo Karsdorp – il quale il più delle volte coi traversoni centrava le caviglie del primo avversario – ho difficoltà a prendermela con l’allenatore.
Dal naufragio generale di ieri si salva Belotti, autore di un secondo tempo perlomeno di reattività e voglia, concluso con il goal della bandiera. Ovviamente nulla cancella la frustrazione per un’uscita dalla Coppa, l’ennesima, inopinata, condita da occasioni sbagliate, pali incredibili, facendosi due goal da soli.
Alla fine si torna sempre al punto di partenza: cosa vogliono fare i Friedkin nel prossimo futuro? Se, come auspico oggi più di ieri, vogliono puntare sull’allenatore portoghese, devono prendere giocatori di livello. “Faremo una Roma all’altezza di Mourinho” disse un anno e mezzo fa Tiago Pinto: siamo ancora molto lontani da quella promessa.