JUVENTUS-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Ho perso il conto delle partite importanti in cui la Roma inizia già sotto di un goal. A memoria, in quel di Torino, quello di ieri è il secondo recupero riuscito dopo un inizio shock: l’altro fu nell’anno del terzo scudetto romanista.
C’è Mourinho in panchina: un caso? “Io questo non creto”, come diceva il Razzi interpretato da Crozza.
Perché il portoghese ribalta una squadra spenta, addormentata, letteralmente moscia, che si lascia irretire da una Juventus appena volenterosa.
Cambio di uomini e modulo all’intervallo: Spinazzola, come normale sia, sconta ancora la lunghissima inattività. El Shaarawy è vispo ma è Zalewski che incanta: per personalità e qualità, giocando nel ruolo di puro terzino sinistro, davvero non il suo.
In mezzo, è notorio, Matić e Cristante hanno lo stesso passo: se l’italiano è in difficoltà in più frangenti del primo tempo, il serbo perlomeno cerca di mettere geometrie e ordine, crescendo nel corso della ripresa.
Dybala passa un tempo intero a cercare la posizione: troppo lontano da Abraham e dall’area avversaria nei primi 45’, con l’inglese che stavolta non può nemmeno contare su un Pellegrini annebbiato.
Però, quando sei un campione, ti basta una giocata per determinare il match. Il modo cui l’argentino rimette in mezzo il corner del capitano, è cosa che non fanno certo tutti: poi ci pensa Abraham, di prepotenza, ad apporre il primo sigillo della sua stagione.
Alla fine è ancora la Roma a rischiare, sempre sugli sviluppi di un angolo, il goal del
successo. Ma nemmeno i poteri taumaturgici di Mourinho avrebbero potuto tanto, in una trasferta di campionato che ha visto la Roma tornare vittoriosa appena 10 volte dal 1930 a oggi.
W il VAR, infine: quante gare erroneamente indirizzate – e quanti scudetti – hanno preso strade sbagliate grazie alla malefica combinazione tra assenza di tecnologia e quanto spiattellato – e noto a tutti – da Calciopoli.