ANTONELLI “I 4 moschettieri possono giocare insieme”
Di Franco BOVAIO – Roberto Antonelli, in arte “Dustin”. Come lo aveva soprannominato Albertosi ai tempi del Milan per via della sua somiglianza con il famoso attore americano Dustin Hoffman. Quando giocava faceva l’attaccante e aveva i piedi buoni. Molto buoni. Dopo le stagioni al Milan e lo scudetto della stella vinto nel 1979 con Liedholm in panchina doveva trasferirsi alla Roma, perché il Barone, che aveva sempre avuto un debole per i calciatori tecnicamente forti, era tornato nella Capitale e lo rivoleva con se. Proprio nell’estate dell’83, a scudetto appena conquistato.
“Ma a quei tempi c’era ancora il vincolo e noi calciatori non potevamo opporci alle decisioni delle società, che erano proprietarie dei nostri cartellini – dice Antonelli – il Milan mi cedette al Genoa e il mio trasferimento alla Roma saltò. O meglio: fu rinviato di un anno. Perché in rossoblu restai solo nella stagione 1983-84, per poi venire nella Capitale e restarci solo nel primo anno di Eriksson, che aveva preso il posto di Liedholm, nel frattempo tornato al Milan”.
Visti i suoi trascorsi in campo, chi meglio di lei ci può parlare dei quattro moschettieri che fanno sognare i tifosi della Roma: Dybala, Pellegrini, Abraham e Zaniolo. Possono giocare tutti insieme, come è stato nelle ultime amichevoli e sembra che sarà anche a Salerno o in questo modo la squadra è troppo sbilanciata in avanti?
“Certo che possono giocare tutti insieme, perché io la penso esattamente come il mio grande allenatore Nils Liedholm. Anzi, tutti insieme sono loro che possono far fare il salto di qualità alla Roma. I giocatori dai piedi buoni possono sempre stare tutti in campo e devono trovare tutti il posto in squadra. Sono quelli scarsi che creano problemi, non quelli bravi. Fu così anche per noi del Milan della stella, nel quale, quando c’era Rivera, giocavamo contemporaneamente lui, io, Novellino e Bigon. Tutti giocatori dalla tecnica eccezionale. Mentre Chiodi, che faceva l’unica punta, qualche volta giocava e qualche altra no. Liedholm, da quel grande allenatore che era, aveva trovato il modo di farci convivere e vedrete che Mourinho, alla Roma, farà lo stesso con Zaniolo, Abraham, Dybala e Pellegrini, che è un grande giocatore, di livello internazionale. Perché il Mourinho di oggi è come il Liedholm di allora e come fece lui darà il giusto equilibrio alla squadra anche con i quattro moschettieri tutti in campo”.
Basta che dietro a loro c’è qualcuno che corre, però. Come c’era Buriani nel vostro Milan…
“Mi pare che alla Roma ci sono Matic e Wijnaldum, due grandi campioni che formano un gran centrocampo e coprono bene il terreno di gioco. Dunque non mi preoccuperei proprio”.
Lei nella Roma ha giocato una sola stagione (1984-85), ma le è bastata per conoscere il grande entusiasmo e l’attaccamento dei tifosi. Questa atmosfera può far male o bene alla squadra?
“Sicuramente bene e ve lo dice uno che ha avuto la fortuna di giocare con tre delle squadre più amate e sostenute d’Italia: il Milan, il Genoa e la Roma. Le loro tifoserie così calde e appassionate ci davano sempre quella marcia in più che poi in campo si sentiva eccome”.
Cosa le è rimasto della sua breve esperienza alla Roma?
“La soddisfazione di aver giocato per il club che porta il nome e i colori della Capitale e per una tifoseria magnifica, ma anche il rammarico di averle dato troppo poco per colpa di quell’infortunio al tendine che mi capitò in Coppa delle Coppe a Bucarest e che mi fece stare fuori per cinque mesi. Meno male che quando rientrai riuscii a segnare quel gol nel derby di ritorno che è l’unico che ho fatto con la Roma e che valse l’1-1 con la Lazio. Un gol solo, è vero, ma nell’occasione più importante. Almeno quello. Poi, ovviamente, mi è rimasta dentro la bellezza della città, che è unica al mondo sia per quello che è, sia per come ci si vive bene”.