ROMA-LEICESTER. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
Percorro viale dei Gladiatori con anomala tranquillità. Sono certo, caso più unico che raro, che la Roma sia già in finale.
Questa certezza non me la dà il pur meraviglioso stadio; né la squadra, guidata da un grande capitano e che dispone anche di un signor centravanti.
Questa serenità me la offre l’uomo seduto in panchina. Quello che ho sempre ritenuto l’unica opzione della Roma per tornare a competere.
I giallorossi segnano, ancora una volta, sfruttando una palla inattiva: pensare che, nel corso dell’anno, far goal così è stato oggetto di critica per sottolineare la mancanza di “bel gioco”…
Un colpo di testa impressionante di Abraham: subito il pensiero è andato a Pruzzo.
É il goal qualificazione, per una Roma che concede nulla a un avversario ben messo in campo, cui non basta l’elevatissimo ritmo-Premier League.
Nella gara perfetta, una menzione speciale per Smalling, monumentale nel doppio confronto.
Per il resto, è tutto Mourinho e il suo staff: nel far scorrere i minuti e intervallare i cambi per spezzare il gioco; nell’istruzione ai raccattapalle nel quarto d’ora finale; nella carica che dà a Veretout, entrando letteralmente in campo dopo un fallo guadagnato dal francese.
Tutto ciò è molto più importante dell’offrire calcio-champagne: in una realtà non avvezza al successo, c’è bisogno del leader che viva per la vittoria.