A PRIMA VISTACOPPE EUROPEETOP

ROMA-LEICESTER. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI

Verso le 18, non si parcheggiava già più. Questo per dire quanto il popolo romanista sappia dare. Al punto che poco prima dell’inizio qualcuno poteva pensare che tutta la pressione ambientale potesse condizionare anche la Roma, o soprattutto la Roma. Lo aveva detto anche Rodgers, ieri, in un passaggio molto acuto della sua conferenza.

Qualcuno, affacciato alla finestra o più probabilmente in bilico sul trespolo, faccia un po’ pace con se stesso: o è un portaombrelli, questa Conference League, o legittimamente si può gufare, dicendolo o non dicendolo. Ma non entrambe le cose: bisogna fare una scelta. E abbiamo già dedicato troppe righe a questa questione.

La Roma comincia, dopo una svista iniziale di Ibanez, a interpretare l’abbraccio del suo stadio nella maniera più corrispondente possibile, senza l’attendismo che sinceramente avevamo preventivato. Aveva ragione Cristante: queste partite ti restituiscono l’energia che i tanti impegni ti tolgono.

Le palle inattive sono il tallone d’Achille del Leicester e il punto di forza della Roma di José Mourinho e proprio su palla inattiva è arrivato il gol che ha fatto esplodere l’Olimpico nel match di ritorno di questa semifinale della Conference League.
Meglio la prima mezz’ora che il finale di tempo, a voler essere pignoli, ma Rui Patricio arriva all’intervallo con i guanti immacolati. Due assist di Zalewski, se fosse per il pregio estetico, varrebbero da soli la semifinale. Che giocatore Zalewski ragazzi, senza più alcun diminutivo d’attesa.

Più stagnante il secondo tempo, con Zaniolo preso sempre prima che riesca a innestare le marce alte; pesa moltissimo un qualsiasi episodio, da un certo momento in poi. La Roma, con in mezzo un tributo corale al commosso Claudio Ranieri, in un modo o nell’altro è brava a non far arrivare quel “poi”.

Si va a Tirana, per la prima volta della prima volta.