DIVAGAZIONI ROMANISTE… Tirana è ancora lontana
Di Franco BOVAIO – “Per queste ultime due partite di campionato non temo cali di concentrazione dei miei giocatori” dice Mourinho nella conferenza stampa che precede Roma-Venezia rispondendo a chi gli chiedeva se ormai la squadra stesse pensando solo alla finale del 25 maggio con il Feyenoord.
Un errore che non bisogna fare perché la classifica impone ancora di conquistare un piazzamento nelle coppe della prossima stagione. E perché, in passato, questo errore è stato già fatto, come ricordiamo bene noi che abbiamo vissuto le vigilie delle altre due finali europee che la nostra Roma ha giocato nel 1984 (Coppa Campioni contro il Liverpool) e nel 1991 (Coppa UEFA contro l’Inter). Vigilia che ci ricorda molto quella di questi giorni, in cui anche ai tifosi sembra interessare poco dell’impegno casalingo contro i veneziani e di quello di venerdì e Torino e molto di come andare a Tirana o di come organizzarsi per vedere la finale.
Quella che stiamo vivendo oggi ci ricorda soprattutto la vigilia di Roma-Liverpool dell’84. Anche allora, dal 25 aprile in poi (giorno del 3-0 sul Dundee United che le spalancò le porte della finale) la Roma e tutto il suo ambiente vissero una fine di campionato con la testa tutta rivolta al 30 maggio. E questo le costò un possibile scudetto visto che, da quel 25 aprile in poi, alla fine del torneo mancavano solo tre turni e la squadra giallorossa era ancora in corsa con la Juve per vincerlo. Ma alla fine il tricolore andò a quest’ultima, perché in quelle tre giornate la Roma vinse in casa con la Fiorentina (2-1) alla terz’ultima e con il Verona all’ultima (3-2), ma pareggiò inopinatamente in Sicilia contro il Catania (2-2 sul neutro di Palermo) perdendo un punto che, abbinato a quello che aveva perso nello stesso modo prima della semifinale di ritorno con il Dundee ad Avellino il 21 aprile (altro 2-2), le fece perdere la possibilità di confermarsi campione d’Italia.
La Juve, infatti, chiuse quel campionato con 43 punti, la Roma con 41 e, dato che le vittorie ne valevano 2 furono decisivi, a svantaggio dei giallorossi, proprio quei 2 che persero contro Avellino e Catania. Per di più al termine di due partite che avrebbero potuto tranquillamente far loro, perché sia ad Avellino che col Catania stavano vincendo 2-0 e si fecero raggiungere sul 2-2 nel secondo tempo. Ad Avellino al 90°, col Catania all’83°. Solo per colpa di quei cali di concentrazione che erano dovuti proprio al fatto che i giocatori e tutto l’ambiente avevano la testa alla coppa e che, una volta fissato il punteggio sul 2-0 a proprio favore, i giochi sembravano fatti. Anche perché di fronte avevano due formazioni di bassa classifica, visto che l’Avellino era ancora in corsa per salvarsi, mentre il Catania era già retrocesso da un pezzo.
Cali di concentrazione che in quelle condizioni forse sono naturali, ma che non dovrebbero esserci, come ha ricordato Mourinho in conferenza per tenere la squadra sul pezzo. Anche perché, se poi la finale non la vinci, resti con un pugno di mosche in mano.
Dunque occhio al campionato, perché Tirana è ancora lontana.