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ROMA-LAZIO. A PRIMA VISTA di Paolo MARCACCI

Stando a quanto aveva detto Sarri in risposta a Mourinho, non sarebbe dovuto essere un derby “fumoso”, ma gli scambi dialettici tra i due sono finiti in una specie di sottoscala della soglia d’interesse, dopo la risposta piccata e forse eccessivamente dura di Mourinho a Zeman. 
Tutta roba extracampo, a ben vedere, il che si spiega con una condivisa e sostanziale mestizia di classifica delle due squadre.

In mattinata, si era sparsa la voce di un’assenza di Zaniolo, per una scelta che potremmo definire a metà tra tecnica e valutativa dello stato di forma del numero 22 romanista. La distinta ufficiale lo conferma. L’interrogativo a quel punto riguarda le condizioni di Lorenzo Pellegrini: basta un quarto d’ora di Roma per capire che il capitano non solo sta bene, ma sta sempre meglio nel corso del primo tempo, fino a quello che a oggi è il suo più bel calcio di punizione stagionale. Troppo bello per essere vero, pensa dopo i primi 45’ qualsiasi romanista; Lazio che, semplicemente, non è scesa in campo, tanto che torna durante l’intervallo. 

Nella ripresa, prevedibilmente, la frustrazione laziale produce accenni di rissa reiterati, anche per la vena da stunt-man di Luis Alberto, che cade con piglio holliwoodiano. Questo, si capisce bene, fa gioco alla Roma. Un’altra cosa ampiamente prevedibile era la scarsa autorevolezza di Irrati nel padroneggiare gli umori della partita e la pioggia di cartellini è un sintomo evidente di questo discorso. Abraham si divora il 4 – 0, in un pomeriggio in cui la Roma meriterebbe un vantaggio perlomeno di sei reti.

È stato il trionfo strategico e motivazionale di Josè Mourinho; la Lazio ha gentilmente partecipato.