STORIE GIALLOROSSE… Il Patrizio che non fu santo
Di Franco BOVAIO – Domenica arriva il Torino, una squadra che ci evoca ricordi piacevoli e spiacevoli legati alla Coppa Italia. E ai nostri portieri. Le vittorie del 1980 e del 1981 ai rigori che dettero il via alla meravigliosa avventura giallorossa di Franco Tancredi. Per noi il più grande portiere della nostra storia che, guarda caso, andò poi a chiudere la carriera proprio nel Torino. E la sconfitta immeritata e sfortunata del 1993, arrivata al termine di una doppia finale di andata e ritorno incredibile e, forse, irripetibile. Sulla panchina della Roma sedeva Vujadin Boskov, che l’aveva portata in finale eliminando il grande Milan in semifinale: vittoria per 2-0 all’andata all’Olimpico, sconfitta per 1-0 al ritorno al Meazza. Ma al termine della gara di ritorno a Milano, conclusa con un rigore parato da Cervone a Papin, che segnandolo avrebbe dato il via ai supplementari, la Roma aveva perso entrambi i portieri. Lo stesso Cervone e Zinetti, che come lui, all’uscita dal campo, avrebbe rivolto “esplicite e gravi accuse di parzialità” all’arbitro Pezzella di Frattamaggiore ai suoi assistenti. Come fu scritto nel referto, che portò alla squalifica per tre giornate in Coppa Italia dei due portieri.
Per sostituirli nella doppia finale con il Torino furono prospettate diverse soluzioni. Ingaggiare un portiere a gettone solo per quelle due gare (si fecero i nomi di Bocchino, Drago e Paradisi). Richiamare proprio Tancredi, che aveva smesso di giocare due anni prima ed era nella Roma con il ruolo di preparatore dei portieri. O affidarsi al ragazzino Patrizio Fimiani, il terzo numero uno nella rosa. Boskov scelse quest’ultima soluzione e puntò su di lui, che alle spalle aveva solo una cinquantina di minuti in A, giocati nel giorno del suo esordio, il 6 dicembre 1992 in Roma-Parma 1-0, quando era subentrato al 40’ a Garzja in seguito all’espulsione di Zinetti, quel giorno titolare al posto dell’infortunato Cervone.
Così, per prepararlo alla doppia finale con il Torino del 12 e 19 giugno, Boskov gli fece giocare le ultime due partite di campionato contro la Sampdoria a Genova (2-2) e l’Udinese in casa (1-1). Ma nella gara di andata a Torino prese tre gol (anche se il primo su autorete dell’ex Benedetti) e la Roma perse 3-0. Il discorso Coppa sembrò finire lì. Invece nel ritorno a Roma i giallorossi sfoderarono una prestazione superba che li portò a sfiorare la clamorosa rimonta, perché vinsero 5-2 e persero la Coppa solo per la regola dei gol doppi segnati in trasferta. Fimiani, purtroppo, ne prese due da Silenzi: quelli del momentaneo 1-1 e del temporaneo 3-2. Poi segnarono ancora Giannini su rigore e Mihajlovic e sul 5-2 il capitano prese un palo. Qualche centimetro più in là e la Roma avrebbe strappato il trofeo al Torino, consentendo così al giovane Fimiani di passare alla storia come uno dei protagonisti di quell’impresa epica.
Invece ci è passato come il portierino che a Torino ha preso tre gol pregiudicando le possibilità di vittoria della Roma. Che se al posto suo avesse avuto Cervone o Zinetti avrebbe portato a casa il trofeo. Se … Appunto. Ma con i se e con ma non si fa la storia. E nessuno può dimostrare il contrario. Anche perché in quella doppia finale la sfortuna giocò un ruolo determinante.
Quelle due partite, con le tre di campionato succitate, sono rimaste le uniche di Fimiani con la Roma dei grandi, perché dopo essere cresciuto nelle giovanili giallorosse e averle disputate fu ceduto all’Avezzano. E da lì cominciò la sua carriera nei campionati minori, che si chiuse nel 2009 dopo cinque tornei nella Viterbese, la squadra della città in cui è nato e nella quale ha poi svolto il ruolo di preparatore dei portieri per alcuni anni.