ROMA-UDINESE. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Si soffre? Sì, ma 7 vittorie su 8 partite giocate.
Siamo consapevoli dei nostri limiti; altrettanto che, non ci fosse Mourinho, anche ieri difficilmente l’avremmo portata a casa.
Il centrocampo “vive” in inferiorità numerica: quando i due titolatissimi calano, ecco che è più difficile evitare pericoli. L’aspetto positivo però è che non parliamo di improvvisazione, ma di rischio calcolato dell’allenatore che fa di necessità virtù.
Prima mezz’ora ottima della Roma, che avrebbe potuto trovare già il vantaggio con Mkhitaryan prima e ancor più clamorosamente con Zaniolo, poi.
Karsdorp si propone spesso ma la Roma
preferisce andare sempre in verticale, sebbene Pellegrini giochi una tacca sotto il suo sensazionale livello di inizio stagione.
Calafiori recepisce al meglio la (prima) sferzata di Mourinho e sfrutta il bel filtrante di Mkhitaryan per costruirsi un’azione di forza e qualità, in occasione del vantaggio.
Rete di Abraham, che non la butta mai dentro in modo banale, per la zampata (quasi di tacco) da tre punti.
Un attimo prima Cristante – che nella ripresa ci ha fatto venire un colpo rischiando al limite della propria area – salvava un goal fatto.
Cambia Gotti, meno Mourinho: finché i titolari ne hanno, non gli si risparmia un minuto.
Esaltante Mancini, che non si cura del grondare sangue da uno zigomo e salva un goal fatto anticipando Pussetto.
Da brividi invece il compagno di reparto Ibanez: sempre rischioso negli uno contro uno, di nuovo infilato con semplicità una volta spostato a sinistra. Se Smalling sta bene, non avrei dubbi per domenica.
Ci si avvia, resistendo, alla conclusione, quando il signor Rapuano di Rimini sale infaustamente in cattedra espellendo Pellegrini. Il derby è già iniziato.