Il fattore Mou
(IL MESSAGGERO) Fotografare meglio la gioia provata domenica sera dopo il 2-1 di El Shaarawy da un tifoso della Roma, era effettivamente difficile. Mourinho c’è riuscito: «La mia è stata la corsa di un bambino, quella di uno di 12-13 anni che inizia a sognare con il mondo del calcio». Uno slancio, quello del tecnico, che rappresenta sì la Roma prima in classifica ma soprattutto la sensazione di qualcosa di diverso che avverte la tifoseria giallorossa. Rispetto al recente passato, la Roma formato Mou sa essere ambiziosa, cinica, quadrata, unita, paziente e soprattutto caparbia. Mou è il primo a sapere che non sempre andrà così. Ma nella metamorfosi in atto, il lavoro sulla mentalità della squadra è fondamentale. Il voler pensare ad una partita alla volta e volerla vincere, a costo di perderla, non è più uno slogan. E lo si vede da come Pellegrini e compagni si approcciano all’impegno. A volte concedendo troppo, non essendo magari ancora brillanti nel gioco collettivo, in ritardo in un paio di interpreti che dovrebbero regalare lo strappo e la giocata risolutiva (Zaniolo e Mkhitaryan). Intanto l’Olimpico viaggia verso un altro sold out legato alla capienza post-Covid. L’entusiasmo, aspettando gli inevitabili miglioramenti individuali e tattici, è il compagno di viaggio della nuova Roma. E in un campionato senza padroni, non è detto che alla fine non possa fare la differenza.