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SAMPDORIA-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Da una Sampdoria all’altra, il mondo romanista si è rovesciato, a livello di classifica, ambizioni e anche destini dei singoli, uno in particolare: quel Paulo Fonseca già dimesso, in tutte le accezioni possibili del termine, nei toni e nelle espressioni, sia subito dopo la gara di Manchester che nella conferenza di ieri. 

E dire che proprio contro la Samp, all’andata, con quel sofferto uno a zero firmato da Dzeko, la Roma teneva il terzo posto a sette punti dal Milan allora capolista. Preistoria. A un girone di distanza, quel mondo romanista ora capovolto colloca la Roma in un emisfero australe di classifica, col lumicino delle ambizioni tenuto vivo, si fa per dire, da un derby buono per i dispetti e da una qualificazione all’Europa dei dimenticabili, quella inedita e imperscrutabile, oltre che improbabile, della Conference League. Sic et simpliciter. Questo è, in altre parole. 

A casa di Claudio Ranieri, dunque, a cinque anni esatti dal suo trionfo epocale con il Leicester.

La partita? Possiamo stendere un velo pietoso? Proprio per rispetto di lettori e tifoseria, procediamo per sintesi, precisando che non si tratta di una provocazione: tu Roma avevi ancora qualcosa da chiedere a questo residuo di Serie A; la Samp abita in un limbo di classifica che giustifica persino la formazione pseudo balneare schierata da Ranieri. Quante ne abbiamo viste di partite così? Troppe. La differenza è che noi ce ne lamentavamo anche prima che svanisse l’alibi dell’Europa League. 

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