STORIA DI IERI di Diego AngelinoCAMPIONATOTOP

ROMA-LAZIO. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Vincere il derby è sempre bello e importante. La Roma fa un passo probabilmente decisivo per l’ingresso in Conference League e toglie aritmeticamente le ultime velleità di quarto posto agli avversari.

I giallorossi, immancabili svarioni di Ibanez (anche caricato fallosamente da Savic) a parte, giocano la stracittadina come si deve: tengono il possesso cercando però di non concedere campo a una compagine maestra del contropiede.

Resta sempre forte il rammarico che ci sia voluto l’ufficialità del nuovo allenatore per tornare a vedere una difesa a 4 e Cristante a centrocampo.

Quella mediana dove imperversa, da veterano, Darboe, che gioca un’altra grande partita. Se il calciatore fosse davvero quello di questi primissimi match, Fonseca avrebbe sbagliato anche qui, non testandolo prima in una squadra che è sempre stata in emergenza e in un’annata con i 5 cambi a disposizione.

Ad aiutare la coppia centrale c’è anche Pellegrini: punizione rivedibile a parte, oltre a buone aperture e inserimenti si spende per la squadra difensivamente, rimanendo in campo non al meglio.

Davanti la qualità dei giocatori si fa sentire: non è un caso che sia proprio il trio El Shaarawy-Dzeko-Mkhitaryan a spezzare l’equilibrio cui aveva contribuito Fuzato, con un bell’intervento su Luis Alberto (anche qui, magari proporlo prima questo portiere, viste le alternative…).

Che dire di Dzeko? Non segna ma fa reparto da solo, serve assist, fa espellere Acerbi. Incredibile ripensare alla gestione del calciatore dopo Roma-Spezia.

Entra Pedro, al solito tarantolato ma che non sai mai cosa possa offrire: “Perché non dà la palla a destra, dove sono liberi Mkhitaryan e Karsdorp?”, penso. Perché fa bene, scegliendo di andare sul sinistro e chiudendo il derby. Peccato per il tiro deviato di Villar che avrebbe rappresentato la ciliegina.

Ci accontentiamo, così come della buona prova di Kumbulla e di quella di Karsdorp, di cui non sono mai stato estimatore ma che nel tempo è indubbiamente cresciuto risultando decisivo, come ieri, soprattutto in fase difensiva.

Le dichiarazioni, imbarazzanti, di Inzaghi a fine partita sono musica per le orecchie dei romanisti: un’altra occasione mancata per celare di non avere stile alcuno.

La gioia del successo non rimane effimera ma guarda oltre questo finale di campionato: la certezza di avere speranza si chiama José Mourinho, colui che riesce a incidere sulle sorti di una squadra anche a distanza.

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