STORIE GIALLOROSSE di Franco BOVAIOTOP

STORIE GIALLOROSSE… Un uomo soprannominato “cavallo”

Di Franco BOVAIO – Signori, giù il cappello! Perché stavolta raccontiamo uno dei più grandi romanisti di tutti i tempi: Aldo Maldera. Il terzino sinistro dal gol facile della Roma dello scudetto dell’83 per “colpa” del quale Liedholm spostò Nela a destra. Due mancini così forti in una sola squadra a quei tempi erano davvero un lusso e lo sarebbero anche oggi. Poi ti chiedi perché quella Roma è diventata Campione d’Italia!

Aldo Maldera, milanese di nascita ma romano d’adozione, aveva il cuore giallorossonero e considerava Liedholm come un papà. Nato nel capoluogo lombardo, era forte già da bambino, quando giocava all’oratorio di Cusano Milanino con i fratelli più grandi Attilio e Luigi, calciatori pure loro. Per questo sulle figurine Panini era indicato come “Maldera III”. E in quei pomeriggi all’oratorio tirava già delle botte micidiali che Teo Teocoli, presente anche lui su quel campetto, ancora se le ricorda. E le tirava con quel piede sinistro che poi gli avrebbe regalato onori, gloria e l’immortalità. Perché un Campione così non muore mai. Aldo Maldera (o Maldera III, per dirlo alla Panini) vive nel ricordo di chi lo ha amato quando giocava e in quello di chi (come noi) ha avuto la fortuna di conoscerlo per capire quanto fosse educato e buono. Un vero signore d’altri tempi.

Quanto al campo … Che dire? E’ stato il terzino sinistro che ha segnato più gol di tutti in una stagione dopo il dirimpettaio interista Facchetti e uno dei migliori fluidificanti della storia del nostro campionato. E’ stato nazionale italiano in un periodo in cui, nel suo ruolo, giocavano giganti come il succitato Facchetti e poi il bel Cabrini. E’ stato il “cavallo” del Milan, come lo aveva soprannominato il portiere Albertosi perché, come un cavallo, correva su e giù per il campo senza fermarsi mai. Ed è stato un campione e il rimpianto della Roma, con la quale ha giocato dal 1982 al 1985 collezionando 117 partite ufficiali e 9 gol.

Perché il rimpianto? Perché se a tirare i rigori nella finale con il Liverpool ci fosse stato anche lui forse non l’avremmo persa, visto che dal dischetto era un vero specialista. E il rammarico di non esserci stato per colpa di quell’ammonizione nella semifinale con il Dundee e la conseguente squalifica se lo è portato dentro fino a quel maledetto 1 agosto del 2012, quando ci ha lasciato troppo presto, ad appena 58 anni.

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