A PRIMA VISTACOPPE EUROPEETOP

ROMA-SHAKHTAR. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Avevamo detto, in tempi non sospetti, che il coefficiente di difficoltà di una serata come questa e come quella di giovedì prossimo in Ucraina, tra le mura del NSK Olimpijs’kyj di Kiev, con tanto di spalti gremiti per l’occasione, era da ritenersi perlomeno medio – alto. Doveva e dovrà essere questa la percezione della Roma relativamente al doppio confronto, per edificare le proprie velleità di qualificarne ai quarti di finale, che in quel caso sarebbero da ritenersi perlomeno plausibili. 

Un altro dato di fatto, prima del fischio d’inizio dell’andata, è che nessun altro tecnico avversario, in Europa, conosce gli ucraini nei dettagli come Paulo Fonseca. 

Singolare concomitanza: due allenatori lusitani, un pool arbitrale di connazionali: il portoghese Artur Dias è l’arbitro designato per la gara. Gli assistenti sono Rui Tavares e Paulo Soares, il quarto uomo Tiago Martins.

Fonseca in conferenza ha detto che nello sviluppo di alcune situazioni di gioco i giocatori di Castro sanno eccellere come nessun altro in Europa: forse un eccesso di enfasi, ma un tratto di verosimiglianza, soprattutto perché gli ucraini sanno essere una specie di testuggine, molto arroccata all’occorrenza, che cerca di colpire in ripartenza confidando sulla qualità del palleggio verticale che impreziosisce la manovra. Che sia o no definibile come la “stella” della squadra, Taison è un giocatore che evidenzia grande duttilità tattica, unita a un compendio di doti tecniche di tutto rispetto. 

Una cosa si sapeva, in partenza: nessuna dell due squadre avrebbe quasi mai buttato la palla; tra l’altro il primo tempo, che la Roma chiude in vantaggio, pone lo spunto di riflessione sulla percentuale di possesso palla: 55 a 45 per gli ucraini, in controtendenza con le statistiche giallorosse; come se le “lezioni” subite a Torino e nel derby avessero stasera dato i loro frutti a livello di efficacia ed essenzialità: cedere spesso la possibilità di fraseggio all’avversario per pregustare bene le linee di passaggio. 

Attua bene il fuorigioco lo Shakhtar e Mkhitaryan e compagni ci cadono in più occasioni; quando Pedro si accende e trova il varco tra le linee per servire un assist rasoterra delizioso a Pellegrini, quest’ultimo è efficacissimo nell’inserimento e nel tocco, leggermente arcuato, con il quale deposita la sfera alle spalle di Trubin. Menzione di merito per il capitano: riempie la trequarti di lucido agonismo, decide la prima frazione di gioco con la qualità di cui qualcuno ogni tanto ancora si sorprende. 

Altra nota di merito per Cristante, che fa il lavoro più sporco di tutti, prima che arrivi Diawara a pulire la palla.

Lo Shakhtar ricomincia con una prevedibile veemenza che si traduce in una certa pericolosità. La Roma è molto brava ad attraversare quel momento di partita. Dopo, raccoglie i frutti di una gestione di gara pressoché perfetta: delizioso il raddoppio di El Shaarawy, subentrato a Pedro, con tutto il compendio delle sue doti. Perentorio il terzo gol di Mancini. 

Fonseca l’ha preparata bene, l’ha gestita meglio; l’ha corretta in corsa con il poco che aveva in panchina e con le sopraggiunte emergenze. 

Più che una grande partita, una partita grande. 

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