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PARMA-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Iniziamo da una curiosità: il Parma è l’unica squadra ad aver patito un numero di infortuni più elevato rispetto a quello della Roma. Onore, se non ancora al merito, alla soglia di difficoltà che sta incontrando anche Roberto
D’Aversa. Come spesso è accaduto a Paulo Fonseca, per chiudere questa specie di sillogismo.

Vigilia segnata da rivendicazioni di equità ben diffuse e scritte ancora meglio, indipendentemente dagli esiti. Non ci sarà alcun seguito, quasi certamente, alla lettera del club; quel che conta è aver preso l’iniziativa: virata sostanziale negli atteggiamenti del club e risultato che si traduce più che altro in un ritrovarsi nello stesso fronte polemico di tutte le correnti della tifoseria.

Fonseca, che in un passaggio elegante della conferenza di ieri aveva sottolineato questo aspetto, oggi deve pensare a far quadrare assenze, stanchezza ed equilibri, oltre che a cercare tre punti comunque imprescindibili.

Con Pellegrini accanto a Villar in mediana e Pedro assieme ad El Shaarawy alle spalle di Dzeko, la Roma comincia con l’intenzione di dimostrare quale sia l’unica padrona possibile della partita. Peccato per la doccia fredda del nono minuto, per come Kumbulla sul suo lato si fa bruciare da Man e per quanto l’area sia vuota quando Mihaila si presenta all’appuntamento con l’inaspettato vantaggio dei ducali. Delittuoso, prendere un gol così, dopo aver iniziato a scrivere un copione dominante. Implode così il primo tempo, con la Roma che continua a tentare di coccolare la palla senza mai riuscire a portarla a cuccia.

Serve, necessariamente, qualcosa di differente per la ripresa. O qualcuno.

In realtà comincia con una gran parata di Pau Lopez e prosegue con il raddoppio parmense: Ibanez travolge Pellè, Hernani dal dischetto spiazza Pau Lopez.

La girandola dei cambi non porta granché, all’inizio: fuori Pedro, Kumbulla, Bruno Peres; dentro Cristante, Carles Perez, Reynolds. Poi, Diawara e Mayoral per Pellegrini e Mayoral.

Che dire? Sepe deve fare una parata vera su una conclusione di Carles Perez, poi prosegue fino alla fine tutta l’inerzia di un pomeriggio sprecato. Imprevedibilmente, malamente, dolorosamente sprecato.

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