ROMA-SPEZIA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Persino i romanisti appartenenti alle generazioni che pensavano di averle viste tutte, dopo i giorni che abbiamo alle sorelle, hanno dovuto arrendersi all’evidenza: una settimana così paradossale, caotica e all’insegna dell’autolesionismo non c’era mai stata. È tutto dire, per chi conosce la storia della Roma.
Il tutto, è bene sottolinearlo, accompagnato dall’assoluto silenzio delle sfere dirigenziali. Ora, pur con tutta la benevolenza nei confronti dei Friedkin, se determinate mancanze le abbiamo rimproverate ai bostoniani, dobbiamo rimproverarle anche ai texani. O, se non vi piace il termine rimprovero, diciamo che le evidenziamo.
Ve lo immaginate un pomeriggio come quello di oggi, all’ingresso delle squadre in campo, se ci fosse stato il pubblico? Forse sarebbe stato difficile anche per i più smaliziati fra i vari bookmakers il più insultato, assenti compresi. Forse, alla fin fine a Fonseca sarebbe andata meno peggio (il meglio non esiste, in situazioni così) che ad altri.
A proposito di paradossi, prima del fischio iniziale di Pairetto ce n’è uno legato a un interrogativo: è chiaro il destino del tecnico in caso di sconfitta; ma in caso di vittoria? Dopo tutto quello che si è detto, scritto, ipotizzato in settimana, pure con i tre punti in tasca quanto risulterebbe rinsaldato Fonseca sulla panchina? E, soprattutto, fino a quando?
Un altro aspetto, prima di commentare la partita: è chiaro che il nome di Dzeko lampeggia tra gli altri (semi)ammutinati; è altrettanto chiaro che l’undici titolare odierno e ancora di più i nomi della panchina fanno fare una serie di riflessioni.
Al momento non c’è nulla per stare allegri, a meno della comparsa improvvisa della maiuscola.
Poi, arriva la partita: mille episodi, mille fasi, mille momenti emotivi, anche, se volete. I giallorossi la cominciano bene, quantomeno dal punto di vista dell’intensità. Primo segnale non rinunciatario, che traduce le intenzioni della maggior parte del gruppo.
Lo Spezia tenuto in vita dalle incertezze di Pau Lopez, da una monumentale e inspiegabile di Smalling, dagli errori di Carles Perez sottoporta.
Alla fine, rabbia e gioia si fondono quando Lorenzo Pellegrini, oggi capitano in tutto e per tutto, scrive il risultato definitivo sul tabellone: si stavano consumando i secondi residui e anche il destino, forse, di un allenatore che invece si ritrova coinvolto in un abbraccio corale.
Da domani, capiremo meglio come e con chi si va avanti. Il primo auspicio è quello di una decisone univoca, chiara, da non rimettere in discussione ogni settimana.