CAMPIONATOSTORIA DI IERI di Diego AngelinoTOP

LAZIO-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Il derby ha delle regole molto semplici. Dalla grinta all’evitare qualunque dichiarazione prima; dal nascondere la sicumera alla comprensione di cosa sia. Non è infatti solo “una gara da tre punti”, come detto da Fonseca: è una partita che può indirizzare gli umori di una stagione, da una parte e dall’altra.

Ciò detto, c’è la tattica. Alzi la mano chi ignora il modo di giocare della Lazio: densità e ripartenze con qualità e velocità. Va così da quasi cinque anni.

Quale modo migliore per agevolarla? Fare la partita, esponendosi ai contropiede avversari. Con Spinazzola e Smalling, inoltre, non certo al massimo. Ma la Roma deve “dominare il gioco”, come ama ripetere il suo allenatore: le 17 precedenti partite con le prime delle A, giocate negli ultimi due anni, continuano a insegnare poco.

“Ma sbaglia Ibanez!”, l’obiezione. Chi mi segue sa che, da tempo, denuncio la sua eccessiva confidenza con il pallone, tra l’altro – a mio avviso – non supportata dalle necessarie qualità tecniche. Ma, si sa, l’impostazione voluta dal tecnico è quella: tutti devono giocare la palla, anche rischiando davanti alla propria area. E quante reti o rigori regalati agli avversari, in questi due anni…

E allora ecco che, con Ibanez che non spazza – come dice correttamente Bergomi in cronaca – e il portiere che non chiama l’uomo, si prende goal su rilancio di Reina da azione offensiva sprecata da Dzeko, ancora una volta deludente nell’atteggiamento. L’errore del numero 3 romanista è la punta dell’iceberg di un modo di stare in campo che non cambia, purtroppo, mai.

Dopo il secondo goal sfido chiunque a non ammettere di aver pensato “Come la riprendiamo?”. Palla in uscita; alla Lazio basta un filtrante per trovarsi in superiorità 5 contro 4(!!). Lazzari cade e tocca nettamente con la mano; Luis Alberto calcia con Caicedo davanti a Pau Lopez: tutto ok per il solito Mazzoleni al VAR. Manca anche la prima ammonizione per Leiva: nessuna scusa, comunque, per un risultato inappellabile.

Inappellabile perché la Lazio fa ciò che vuole: Lazzari ha un’intera fascia in omaggio – sguarnita da Spinazzola, fuori forma e troppo offensivo – per far venire il mal di testa a Ibanez. Modifiche a questa situazione palese? Zero carbonella.

Il cambio di Fonseca all’intervallo è Pedro in luogo di Veretout: il francese è già stremato da 45’ vissuti a correre quasi da solo in mezzo al campo, ma è l’unico con grandi capacità d’interdizione tra gli undici giallorossi. Risultati della scelta: nessun beneficio per la Roma; occasioni in quantità per la Lazio.

Tocca recuperare all’errore con Cristante per Villar, ma ecco il terzo goal, emblema della serata. Lazzari sbaglia il controllo; il tocco errato diventa però un autolancio nell’immobilismo dei romanisti, che stanno lì a guardare come fossero passanti.

I big match che ripetutamente si trasformano in brutte figure e la classifica pressoché identica a un anno fa iniziano a suonare come una sentenza sull’operato complessivo di Fonseca. Aspettiamo i Friedkin: oltre alle loro azioni, sarebbe importante anche sentire finalmente la loro voce.

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