CSKA SOFIA-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Quando si smetterà di parlare di “sconfitta indolore” avremo finalmente fatto uno scatto di mentalità. Perché perdere deve essere – e per me lo è anche nelle amichevoli – perlomeno fastidioso.
Farlo in una gara europea – anche se a primo posto acquisito – lo è doppiamente: l’imbarazzo cresce ancora, visto che si sono anche sporcati gli esordi di promettenti giovani.
Partiamo da loro, concentrandoci soprattutto – non ce ne vogliano gli altri tre – sulla personalità di Tommaso Milanese, il cui gol di scaltrezza e qualità è solo il suggello dell’ottima prova fornita dal 1’. Una scoperta, l’ennesima, dell’emarginato – nell’ultimo decennio, per fortuna concluso – Bruno Conti.
Ai ragazzi – timido Bamba, sostanzialmente incolpevole Boer, ingiudicabile Tripi – cui si possono perdonare anche le ingenuità, fanno da contraltare i “grandi”, le cui leggerezze non possono essere sottaciute con la stessa semplicità.
Gravi davvero quelle che Diawara e Fazio mettono in pratica in occasione delle reti del 2-1 e del 3-1. Oltre agli errori evidenti di alcuni elementi, saltano agli occhi le polveri bagnate di Carles Perez. Meglio sicuramente Mayoral: non segna ma è mobile e attivo, oltre a servire l’assist a Milanese.
Bruno Peres è il solito: qualche buona cosa davanti, sempre malino dietro: da una sua ripartenza sbagliata nasce l’azione dell’1-0 degli avversari. Chissà che il problema capitato a Calafiori ieri non si trasformi nell’occasione per vedere, a Bologna, la coppia d’esterni formata dal diciottenne e da Spinazzola.
Riecco Smalling: mette minuti nelle gambe, con l’auspicio di essersi lasciato definitivamente alle spalle problemi e problemini che ne hanno contraddistinto questa prima parte di stagione.
Dando appuntamento all’Europa League nel 2021, ora di corsa fino alle Feste con la Serie A. Bologna è la classica buccia di banana: se la eviti e vinci hai fatto il tuo; se la cogli e- ben che vada – pareggi, ti becchi le critiche. Non è la stampa: è il destino di chi deve – o dovrebbe – puntare a qualcosa d’importante.