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ATALANTA-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI

Crocevia di classifica e ambizioni: questa la portata, in sintesi, di questa trasferta bergamasca. Mettiamoci anche la priva di – ulteriore – maturità che il gruppo di Fonseca deve superare, o passare perlomeno indenne, contro una compagine che va comunque annoverata tra le grandi del presente: per ciò che l’Atalanta ha costruito e per quello che continua a mantenere.

Consentiteci, prima, un piccolo strascico polemico: si è parlato troppo, oltre che in modo indebito, di Abisso e delle lamentele della dirigenza del Torino, Vagnati in testa, in questi giorni; un Torino che all’Olimpico era destinato a perdere in un modo o nell’altro, per ciò che si è visto giovedì scorso dall’inizio alla fine. Poco invece, Fonseca a parte, si parla di quanto presto, troppo presto, sia stata costretta anche stavolta a tornare in campo la Roma. Tant’è, di certo ci vorrebbe proprio un dirigente alla Fonseca, per fare il giro delle televisioni nel post – partita: elegante e al tempo stesso fermo, fermissimo, nel manifestare e difendere le ragioni del club.

Un elemento brilla, tra gli altri, nelle scelte del portoghese per l’undici titolare: l’assenza di Villar dal primo minuto. Non deve però sorprendere: fa parte della tutela di un brillante percorso di crescita e di autorevolezza. Sul valore che lo spagnolo ha già mostrato non ci sono dubbi; non devono però essercene nemmeno sul fatto che il suo utilizzo vada dosato e che il centrocampista non debba essere sovraesposto a una responsabilizzazione eccessiva.

Roma dominante, primo tempo dominato: queste le risultanze di un primo tempo che, al di là del vantaggio subitaneo siglato da Dzeko con concorso di colpa di Toloi e compagni, evidenzia soprattutto un aspetto: la Roma è così efficace nell’occupare il campo, presidiandone le zone nevralgiche, che la proverbiale intensità gasperiniana viene depotenziata in partenza. Alla fine della prima frazione, la Roma termina come aveva iniziato: insidiando Gollini. In mezzo, una fase anche disordinata, ma con pochissimi rischi su sponda romanista. Da qui, il conseguente rammarico: la Roma ha prodotto gioco e generato occasioni che con un po’ di cinismo in più le avrebbero procurato il raddoppio.

Dopo un’ora di gioco, il bilancio dice Roma dominante e che complica la vita alla costruzione dal basso dell’Atalanta; al tempo stesso, arriva il pareggio di Zapata, che si fa pettinare il pallone da Ilicic che a sua volta beneficia di un tocco improvvido di Mancini: peccato.

Poi? Poi accade qualcosa di non pensabile, più che incredibile, in dodici minuti. La Roma butta alle ortiche – diciamo alle ortiche – una partita che ai suoi due terzi doveva vederla in vantaggio doppio, come dicevamo. Il due a uno è un concorso di colpa dove Karsdorp legge il cross di Ilicic in modo imbarazzante e Mirante esibisce un’uscita quasi goffa, oltre che sbagliata. Poi si addormenta Veretout dopo un’ora da otto – otto – in pagella. Il tre a uno è qualcosa di spietato, compresa la fintarella di Muriel. Arriva pure il quarto di Ilicic in mezzo alle belle statuine. Bruno Peres, subentrato a Spinazzola, ha le mani sui fianchi prima ancora che il pallone finisca in rete.

Raramente abbiamo visto partite più sprecate di questa. Certo che Fonseca può avere delle colpe, per esempio nella gestione dei cambi; certo però non può prevedere un errore dietro l’altro da parte dei suoi, anche di quelli fino a quel momento più bravi.

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