Il ds e lo stadio. Dan in pressing
(CORRIERE DELLO SPORT) Dopo due mesi e mezzo da quando si sono insediati, i Friedkin hanno preso in pugno la Roma. Preferiscono delegare poco ma si fidano dei loro collaboratori e Fienga è uno di questi. Si cerca intanto un nuovo direttore sportivo, con Emenalo che sembra fuori gioco. La prima scelta è Campos, che però vorrebbe mantenere la sua sede principale a Montecarlo e fare solo da consulente esterno. Intanto Guido Fienga ha rilasciato delle dichiarazioni a SportLab in merito allo stadio: “Nelle top 20 squadre europee, quelle che hanno mostrato una crescita anno su anno sono state solo quelle con lo stadio di proprietà. Non facilitare la costruzione di un impianto significa tagliare le gambe a un club sulle possibilità di sviluppo. Non dobbiamo sorprenderci che dopo 10 anni una squadra che non ha questa possibilità perde la percezione del suo brand. Su un piano europeo, l’agibilità e la qualità degli stadi è uno dei fattori chiave per far parte di queste competizioni. Lo stadio non è un vezzo che una società deve avere. E’ ovvio che la costruzione di uno stadi fattibile e sostenibile deve rispondere a una serie di requisiti. Questo è un processo che deve avvenire in tempi economici accettabili, sapere che un’opera può essere completata dopo 12 o 13 anni mina la tenuta del piano stesso e questo mette in crisi qualunque investitore nelle sue capacità. Abbiamo sempre rispettato pazientemente il lavoro delle istituzioni: riteniamo che uno stadio per noi sarebbe stato meglio, la situazione della Roma è ancora più penalizzante perché dispone di uno stadio 2 giorni ogni 15 e non siamo in grado di aprire alcun business collaterale e attivare tutto ciò che altre squadre che noi abbiamo l’ambizione di raggiungere e con cui vogliamo competere possono fare e su cui sviluppano quote di fatturato altissime. Per noi questo è 0 e resterà tale finché non avremo uno stadio di proprietà. Vogliamo investire come gli altri”.