RASSEGNA STAMPA

PRUZZO “Partiti tardi ma sapremo ricominciare”

(CORRIERE DELLO SPORT) Mercoledì compie 65 anni, ma che c’è poco da festeggiare. Roberto Pruzzo ha vissuto una vita lontano dai riflettori e forse ha pagato per questo. Ha scelto di andare controcorrente, in campo e fuori, da calciatore e dopo. Nell’era del coronavirus non è cambiato di una virgola. Il centravanti del secondo scudetto si racconta come forse non ha mai fatto prima, parla del momento che sta vivendo, della situazione del calcio, i suoi ricordi del passato. Viola e Sensi, Liedholm e Di Bartolomei. I suoi compagni di strada, il Papa e il ponte di Genova, sul quale ripartire per un’Italia migliore. Roberto Pruzzo ne ha per tutti. E non fa sconti.

Come vivi questa situazione?
«E’ una novità assoluta per me. La mancanza di libertà. Non avere la possibilità di muoversi ha un peso enorme, bisogna fare i conti con il periodo più difficile dal dopoguerra».

Racconta la tua giornata tipo
«E’ paragonabile a quella di tante altre persone. Mi sono rimesso un po’ a leggere, non lo facevo da un po’ di tempo. Mi sono riproposto di non accendere la tv fino alle 19 per non essere troppo condizionato. Non ascolto quasi più nessuno, aspetto di capirne un po’ di più. Il pomeriggio è lungo, non viene mai notte. Non riesco ad allenarmi. Guardo fuori dalla finestra e cerco di capire».

Com’è la situazione a Lucca, dove vivi?
«La città rientra nella media dell’emergenza nazionale. L’ospedale San Luca aveva solo sei o sette camere di rianimazione. Ora hanno riattivato Campo di Marte, hanno prediposto dodici posti nuovi più altri quarantotto. C’è la volontà di essere pronti a qualsiasi emergenza. E’ stato fatto uno sforzo notevole. Ma quello che sta accadendo fa parte dell’Italia. Sappiamo prepararci al peggio sperando di lasciarcelo alle spalle. Ma non ho la percezione di quando possa accadere».

Il Papa ha pregato per il mondo in una piazza deserta, con il suono delle ambulanze che si confondeva con quello delle campane
«Mi ha fatto tristezza, ti rendi conti che la difficoltà è di tutti. Il Pontefice cerca di essere vicino alla gente, ce n’è bisogno. Ci sono tanti italiani che non ce la fanno. La priorità deve essere questa, aiutare le persone più bisognose».

Il Governo sta gestendo la crisi più importante dal dopoguerra
«Penso che si sia perso tempo all’inizio. Adesso sta facendo tutto il possibile, ma l’emergenza all’inizio è stata sottovalutata. Si è cercato di sminuire, sono stati commessi erorri per inesperienza, eravamo impreparati a questa situazione. Anche il calcio è andato di pari passo, anche a livello europeo hanno provato fino all’ultimo a resistere, ma non hanno fatto altro che peggiorare la situazione». (…)

Il campionato si è fermato con la Juve ancora la squadra da battere e Lazio e Atalanta le sorprese
«L’Atalanta mi ha impressionato. Facevo fatica a credere che potesse arrivare nelle prime otto d’Europa. Anche la Lazio stava facendo ottime cose. La classifica rispecchia i valori. Io avevo previsto il Napoli primo, ma ha avuto una stagione complicata. Non mi aspettavo che Ancelotti potesse incontrare tante difficoltà, c’erano le premesse per vincere, erano stati fatti acquisti importanti, invece è andata in maniera inaspettata. Credo che abbia influito la diatriba tra società e giocatori».

Con Ancelotti eri amico, lo hai più sentito?
«No, Carlo non l’ho sentito più, da un bel po’». (…)

Alla Roma i tifosi aspettavano il cambio di proprietà, ma ora è tutto fermo
«C’era attesa nella speranza che ci potesse essere una svolta, un cambio di prospettive, una presenza maggiore. Credo che al di là del business il tifoso vuole avere la garanzia di avere una grande squadra. Con Pallotta non sempre è stato possibile. Poi c’è di mezzo il fair play finanziario, ma una nuova proprietà deve puntare a questo, provare a vincere in una città come Roma. E’ fantastico».

Tu ci sei riuscito con Viola presidente
«Non è facile ritrovare personaggi così. Ai tempi miei ci voleva l’intuizione nel non sbagliare gli stranieri. Ora invece se ne possono prendere tutti quelli che vuoi e la competizione viene meno. Quando c’era uno straniero per squadra ed eri capace di prendere il migliore eri a posto. Ai miei tempi non c’era grande disponibilità di soldi, Viola è stato lungi mirante. In una certa maniera il mio acquisto e quello di Savoldi per il Napoli hanno dato la svolta, hanno fatto capire che si poteva vincere non solo al Nord. Prima da Roma in giù arrivavano grandi giocatori solo a fine carriera. Il mio acquisto diede la svolta, non so quanto voluta, cercata, ma ha datò il là».

Però tu arrivasti con Anzalone
«Grande persona, si è sempre comportato da gran signore. Si commuoveva, spesso fino alle lacrime. Era un grande tifoso, aveva già previsto di lasciare la mano, il mio acquisto ci fu proprio nella fase di transizione e ancora oggi non so dire perchè andò così».

Con Viola avevi un rapporto speciale
«Parlavo direttamente con lui, ero entrato nelle sue grazie e non era da tutti. Ho avuto fortuna nei rapporti, con lui e con Liedholm, ero un privilegiato. Sono famosi i miei viaggi di ritorno dalle trasferte con il presidente che guidava e la signora Flora dietro. Un rapporto molto diretto, a volte anche duro. Io non ho mai fatto un contratto con un procuratore. Sempre direttamente con lui. Si discuteva, sapendo già che alla fine si trovava l’accordo. Ai miei tempi non si poteva giocare in Coppa Italia senza il contratto firmato e allora noi calciatori tiravamo per le lunghe. Poi facevo l’accordo e non dicevo niente ai compagni. Era un momento della stagione particolare, i contratti li firmavamo in ritiro, oggi sarebbe impensabile».

(…)

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