ROMA-BOLOGNA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Cominciamo da un auspicio, se possibile: ci piacerebbe se stasera l’uomo Sinisa Mihajlović, fiero avversario da sempre, fosse rispettato in quanto uomo, appunto, fatta salva la sacrosanta rivalità.
Che giorni sono stati, quelli che hanno preceduto questa partita? Giorni tesi è fastidiosi: non tanto per le puntualizzazioni di Fonseca sulla questione arbitrale, con dichiarazioni che peraltro vanno lette o ascoltate nella loro interezza, quanto per le allusioni alle fratture o ai malumori tra allenatore e direttore sportivo. Anche per questo servirebbero i tre punti, in questa fredda serata allo Stadio Olimpico, però suffragati da carattere e prestazione: tutto ciò che, clamorosamente e inaspettatamente, è mancato a Reggio Emilia.
Torna Kolarov a sinistra; Mkhitaryan dal primo minuto sulla trequarti, al posto di Kluivert.
Non si può smarrire più nulla, nulla per strada, a questo punto.
Ci vuole pazienza anche per quanto riguarda il pubblico stasera; la Roma da questo punto di vista è bene accolta e, onestamente, viene da chiedersi quante altre tifoserie avrebbero evidenziato una tale pazienza, una simile capacità di accantonare i malumori.
Anche per questo, Dzeko e compagni dovrebbero riversare a livello motivazionale sul campo tutto ciò che per troppe volte è mancato.
Invece, ci troviamo alla fine dei primi 45’ a commentare non solo un tabellino impietoso, o un cinquantadue per cento di possesso bolognese, che già basterebbero a trovare gli aggettivi di metà serata. Ci troviamo, soprattutto, a descrivere una squadra che non ha praticamente mai tirato in porta; che aveva trovato il momentaneo pareggio per un’autorete dopo un liscio di Dzeko; che imbastisce in modo effimero con il solo Perotti che salta l’uomo sulla trequarti ma con la manovra che implode a ridosso dei sedici metri.
Così è, se vi pare. Smarrimenti pirandelliani, perdita anche dell’identità rischiosa ma riconoscibile dei dettami di Fonseca.
Non basta dire che la Roma non ha prodotto occasioni da rete; bisogna aggiungere che si è palesata una certa sfiducia dalla gestualità dei giocatori. Il sintomo più preoccupante, forse.
Ricomincia, ed è notte fonda, subito: Musa Barrow come lama nel burro, con Mancini che addirittura si gira: uno a tre, doppietta dell’ex atalantino; qualche tifoso decide di andarsene, dopo una cinquantina di minuti.
Poi succedono tutta una serie di cose alcune casuali, altre senza capo né coda, con la partita che sembra riaprirsi e che la Roma compromette di nuovo: Mkhitaryan, fino a quel momento pervenuto poco o nulla, batte Skorupsky di testa su un bel cross dal fondo, da destra, di Bruno Peres subentrato a Santon. La Roma ci crede, Fonseca va in trazione iper offensiva buttando dentro anche il redivivo, si fa per dire, Kalinic. Cristante abbatte Orsolini, rosso diretto.
I migliori nel finale Carles Perez e Bruno Peres.
Sipario.