GENOA-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Giorno non casuale, ricorrenze del cuore e del destino: nella data in cui ricorre il nome di Dino Viola, la Roma gioca sul terreno del “Luigi Ferraris”, dove in un giorno di maggio, parola del Presidente con la maiuscola, la Lupa e il suo popolo uscirono “dalla prigionia del sogno”.
Altri uomini, altre epoche: inutile prodursi in accostamenti insussistenti, per troppi motivi, alcuni dei quali inducono alla malinconia, ma lasciamo andare.Snodo importante, come sarà ogni giornata di qui alla fine del torneo, in una settimana da far tremare i polsi, con in palio un pezzo di stagione mercoledì prossimo e qualcosa in più della classifica domenica prossima, nel derby contro la mia così favorita Lazio della premiata ditta Lotito – Inzaghi – Immobile.
Prima notazione, quando le squadre fanno il loro ingresso in campo: l’ambiente nel catino genovese è quello delle grandi occasioni, per così dire; segno che, pur in clima di contestazione ormai perenne nei confronti di preziosi, il pubblico vuole stare vicino alla squadra di Nicola, orfana oggi di Capitan Criscito, tra gli altri.
Roma subito in vantaggio con un sinistro a giro, coi giri esatti, di Ünder. Poi un presidio sistematico della metà campo rossoblù, con tanti palloni buttati in mezzo, soprattutto dal settore destro dove Santon si mostra, col passare dei minuti, più che decoroso. Dall’altra parte, come spina nel fianco, il miglior Spinazzola stagionale: a vederlo oggi, per come sta di testa e di gamba, sembra davvero che la cosa più bella di Milano sia il treno per Roma, ragionando sulla settimana che l’ex atalantino ha appena trascorso.
Quando arriva l’autorete del raddoppio, sembrerebbe la situazione ideale, ora anche nel punteggio, per mandare Pandev e compagni al riposo con una soglia di frustrazione non rimediabile. Invece, una lettura sbagliata di Smalling in fase di uscita, regala al Genoa l’azione dell’uno a due, con Pandev che si presenta davanti a Pau Lopez provocando l’uscita rivedibile, se non titubante, di quest’ultimo.
Prima frazione di gioco, con Veretout ammonito, che si chiude con un ultimo episodio che, dopo quarantacinque minuti di dominio, paradossalmente rivitalizza un Genoa che ora moltiplicherà le risorse agonistiche, le uniche di cui disponga.
Cercasi gol di Dzeko, dopo i tanti stacchi di testa prodotti nel cuore dell’area dal bosniaco durante il primo tempo.
Al minuto 57 Pau Lopez si merita gli applausi di tutti, anche di…Perin, che dall’altra porta ammira il collega che, letteralmente, schiaffeggia via il due a due dall’incrocio, su un colpo di testa di Sanabria.
Dopo l’ora di gioco, la Roma evidenzia la colpa di non aver “ucciso” la partita, come dimostra un’altra parata a terra di Pau Lopez.
Il terzo arriva, finalmente, su un regalo, enorme, dello stesso Perin, che appoggia scivolando per Pellegrini, che appoggia a Dzeko, il quale si sposta la palla in orizzontale e batte Perin in diagonale.
Nel frattempo, era tornato Cristante, stavolta sulla linea in luogo di Veretout. Poi anche Bruno Peres al posto di un Ünder via via sempre più impalpabile. Terzo cambio, Cetin per Santon.
La Roma alla fine, come a Parma in Coppa Italia, la porta a casa, ossia, con la giusta dose di cinismo, la porta a casa. Ed è già Juventus, perché anche se fate finta di nulla, prima del derby c’è la Juve: qualche romanista continua a pensare che sia quella la gara più importante.