ROMA-WOLFSBERG. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Ma che colore ha, una giornata uggiosa? E una serata? Non scomodiamo Battisti, che all’Olimpico è già accaduto di recente; diciamo che il giallo, nero e grigio dell’Europa League, dopo esserseli fatti bastare in mancanza di meglio, ora la Roma vuole tenerli vividi il più possibile. Nessuna preoccupazione, ma c’è un girone da delineare, per poterne avere la versione definitiva; c’è e ci sarà poi una competizione da conservare il più vivida possibile, perché ha ragione Diego Perotti e perché l’appetito viene mangiando. E qualificandosi.
Poi, con l’umidità che ingrippa parzialmente il palleggio, comincia una partita che la Roma vorrebbe gestire giocando al gatto col topo, proprio per questo accusando forse qualche leggerezza di troppo. Fatto sta che dopo il vantaggio che arriva grazie a un calcio di rigore per un fallo di Kofler su Dzeko, con solita esecuzione da pasticceria calcistica di Perotti, gli austriaci trovano un pareggio da flipper, con una serie di spigolature in area che purtroppo culmina in un tocco di Capitan Florenzi. Apriamo il capitolo su di lui? Beh, ci si aspettava maggiore attenzione nei suoi confronti, maggior trasporto del pubblico, indipendentemente dalle non numerose presenze.
Fa due a uno Dzeko, su azione costruita e ricamata da Perotti. A Moenchengladbach tutto resta aperto, nel frattempo.
Aspettavamo Ünder e Mkhitaryan, confidiamo nella ripresa.
La ripresa dice cose rocambolesche, a cominciare dal pareggio meritato dal Wolsberger e provocato dalla Roma, dalla sua indolenza, da un atteggiamento troppo conservativo. Sfortunato Mirante, sostituito da Pau Lopez a freddo, dopo un infortunio alla spalla in seguito a una parata decisiva: tre, in tutto, stasera; non previste né preventivabili, di conseguenza troppe.
Accade di tutto in Germania, tanto che i turchetti, non più tali, vincono alla fine il girone, ma è ancora più amaro considerare che la Roma non abbia avuto la tempra per approfittarne.
Alla fine bene Perotti per un’ora, lo rivedremo domenica, probabilmente; utile ma poco appariscente Mkhitaryan; abulico Ünder, a parte un paio di conclusioni prima della sostituzione. Un po’ poco, anzi troppo poco. Di certo Fonseca non pensava di dover ricorrere a una mezz’ora finale di Zaniolo e Pellegrini.
C’è la qualificazione, alla fine, ma poco altro, perché in un certo senso quella c’era già prima e nonostante il suicidio del Borussia, la Roma si è negata un più benevolo sorteggio.