Roma, prova di forza
(IL MESSAGGERO) La parola d’ordine del nuovo corso è semplice e al tempo stesso abbondante. Basta dire equilibrio per riconoscere la Roma. Quello di Fonseca nella comunicazione all’interno (e all’esterno) e nel metodo in allenamento (e in partita). E quello della squadra nella partecipazione dentro lo spogliatoio e nel comportamento in campo. Il 4° posto (a quota 28 punti con il Cagliari che è però avanti per la differenza reti: +1) è la sintesi del lavoro portato avanti dall’allenatore che, senza piangere sulla raffica di infortuni (Kluivert è il 21°: oggi ecografia per valutare la contusione, con versamento, alla coscia), ha riqualificato tecnicamente, tatticamente e caratterialmente questo gruppo. Che oggi è preparato e unito. Pronto, dunque, a studiare per diventare grande. Senza spaventarsi davanti a qualsiasi esame. Ha la personalità per affrontarlo. Con la spavalderia o l’umiltà. La tappa di Verona ha certificato lo spessore degli interpreti giallorossi. Vincere, pure sporcando la prestazione. Lancione per il gol o per scaraventare il pallone in tribuna. Gesto raffinato o essenziale.
LEGGE DI STABILITÀ – La prova di forza del Bentegodi ha confermato la regolarità della Roma. Il rendimento lievita di partita in partita: 5 successi nelle ultime 6 di campionato. In casa 14 punti conquistati proprio come in trasferta. E vantaggio di 8 punti in classifica sulla gestione Di Francesco, con 3 reti in meno subite e 2 in più realizzate. Fonseca è riuscito a trasmettere la sua idea. Che non prevede sempre la stessa recita perché davanti c’è pure l’avversario con le sue caratteristiche. Dominio, gestione e praticità: la formula va scelta nella preparazione del match. L’azione del gol di Kluivert, come ha raccontato Pellegrini, è cominciata a Trigoria, la scorsa settimana: lezione del portoghese imparata a memoria. Le conoscenze dei giocatori sono, insomma, aumentate. Il dato sul possesso palla nella sfida di Verona evidenzia come l’allenatore abbia deciso di vincere cambiando proprio lo spartito: ecco il più basso (42,2 %) nelle 14 gare di questo torneo. Non è l’unico successo ottenuto dai giallorossi rinunciando all’iniziativa: la stessa scelta è stata fatta per battere il Sassuolo, il Milan, l’Udinese e il Napoli. E senza guardare il sistema di gioco della rivale di giornata (sempre diverso nelle 5 partite vinte). Solo 2, invece, i ko senza avere il possesso palla: contro l’Atalanta e a Moenchengladbach (picco negativo: 40,6 per cento contro il Borussia).
MASSIMA TRASPARENZA – Fonseca ha conquistato il gruppo con la chiarezza. Ha sempre gurdato in faccia il suo interlocutore per spiegargli ogni decisione. Niente bluff di parola. Lo dimostrano le recenti esclusioni di Florenzi e Fazio. Il capitano e il comandante in panchina perché la priorità va alla Roma, mai al singolo. Dentro i giovani, se sono in forma, e fuori i senatori, se non sono al top. La regola è la stessa per qualsiasi interprete. Formazione di partenza confermata per dieci-undicesimi contro il Verona nonostante la stanchezza scontata dopo la gara di Istanbul. Spazio ai migliori del momento. Usando i panchinari quando e dove servono: Perotti (13° marcatore stagionale) è stato il 1° cambio perché il più adatto a giocare a sinistra al posto dell’infortunato Kluivert; Mkhitaryan è entrato da trequartista, con Pellegrini spostato da esterno offensivo, perché a destra, dove è partito titolare Under, non si trova a suo agio. Mai l’improvvisazione e nemmeno il contentino. Inutili nella corsa Champions, come qualsiasi distrazione (e l’allenatore ha evitato che ci fosse) sul cambio di proprietà.