ROMA-GENOA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – È successo ciò che era prevedibile: tanti goal fatti; altrettanti subìti.
Come tutte le squadre che propongono e rischiano nel farlo anziché speculare, serve che l’ingranaggio funzioni alla perfezione: se giochi alto ma il centrocampo è in sofferenza, ci vuole poco a far imbarazzare la tua difesa.
El Shaarawy non c’è più; Perotti ha subìto un brutto infortunio (in bocca al lupo!); quindi, in alto a sinistra, tocca a Kluivert, che appare ancora assolutamente acerbo.
Il regista non c’è da anni; senza De Rossi manca poi un ulteriore centrocampista: in attesa di Veretout, spazio a due che forse danno il meglio da trequartisti o mezzali. Un gioco da ragazzi per un allenatore italiano, seppur di terza fascia, neutralizzarli.
Parlare dell’assenza di un difensore centrale di grande livello è sparare sulla Croce Rossa. Errori macroscopici di Juan Jesus e Fazio, certo: ma Mancini? Appena entrato, guarda il pallone anziché l’uomo alle spalle… Meglio allora già proiettarsi a domenica prossima.
La Lazio è rodata e vive di sfruttamento degli errori altrui, per armare la velocità in contropiede di Correa e Immobile. Subirono questa tattica il presuntuoso Spalletti e, nel solo ultimo derby, Di Francesco, ormai abbandonato da molti dei suoi calciatori.
Ergo, Fonseca capisca in fretta che la stracittadina, soprattutto per chi punta al massimo al quarto posto, si può non vincere ma non va persa: dentro Zappacosta, Florenzi alto e Veretout in un centrocampo a tre. Per il calcio-champagne, senza gli elementi adatti per poterlo fare, ci sarà tempo.