Gol e cori del Boca De Rossi, il passato ora fa meno male
(LA REPUBBLICA, Pinci) Un coro tutto per sé, alla prima con la maglia del Boca Juniors, nella storia recente l’aveva ricevuto solo il mito Riquelme. La seconda vita di Daniele De Rossi è iniziata così: con un gol. Di testa, su calcio d’angolo, dopo 28 minuti. Festeggiato con le braccia larghe e le dita alzate, proprio come sedici anni fa, dopo il primo gol con la Roma. Era un bambino, oggi è un uomo che ha deciso di regalarsi un’emozione, dopo quella negata di chiudere i suoi giorni da calciatore con addosso la maglia giallorossa.
Il gol non è arrivato alla Bombonera, mitico tempio del calcio bairense, ma al Ciudad de La Plata, in una partita di Coppa d’Argentina, finita poi con l’eliminazione del Boca ai rigori contro l’Almagro. Dettagli per tutti, visto che l’ossessione a La Boca — il quartiere che vive dei colori azul y oro — è “La Séptima”, la settima Copa Libertadores, e già tutti si chiedono se tra una settimana potrà giocare l’andata dei quarti di finale sul campo del Liga Deportiva Quito, a 2.734 metri sul livello del mare, dove l’aria è rarefatta e respirare è una fatica.
De Rossi invece più che al gol pensava al risultato: «Siamo fuori dalla Coppa nazionale, è un giorno tristissimo». Eppure da tempo non era felice come in questi primi giorni da abitante di Buenos Aires. Prima di partire aveva forse qualche timore e per questo la moglie Sarah Felberbaum e tre amici avevano deciso di non lasciarlo solo nei primi giorni di adattamento. Sono ripartiti tranquilli, perché quell’atmosfera passionale e selvaggia aveva già conquistato il loro Daniele, che oltre ai compagni Tevez, Zarate, Lisandro, può frequentare pure vecchi amici come Gago o Heinze, con lui a Roma nel 2011 e oggi sparsi in quell’universo di squadre che è il calcio a Baires.
Lontano da casa sta scoprendo nuove quotidianità: la vita in hotel, al Faena di Puerto Madero, quartiere chic che ha trasformato una antica zona portuale in una passerella di grattacieli. Quattrocento metri a piedi tra tavolini di bar e ristoranti di sushi lo separano dall’hotel Madero, che ospita i ritiri della squadra. Oltre piazza Juana Manso ha già trovato un barber shop decisamente hipster a cui affidare la cura della sua barba. Per gli allenamenti sale invece sulla sua Fiat 500X, attraversa il Río Darsena sur, passa per viottoli colorati infestati da murales del Bocae scritte contro il presidente Macri e in 12, 13 minuti è al Complejo Pedro Pompilio, il campo del club.
Ogni semaforo un selfie, i tifosi lo adorano:dopo il gol la gente è esplosa in un coro tutto per lui, “Olé, tano, tano”, come a Baires chiamano gli italiani, i “napolitanos”. Sono comparsi persino manifesti elettorali con il suo volto. Difficile spiegare questo amore: tanti europei dicono di tifare Boca, ma che scelgano davvero di andarci a giocare prima di smettere non se ne ricordano molti. Daniele lo aveva promesso all’ex compagno Paredes in una notte passata con lui davanti alla tv per tifare Boca nel Superclasico col River. «Chi mi conosce sapeva che sarei venuto qui»: ora DDR sa pure l’effetto che fa.