SO’ CONFUCIO di Paolo MARCACCI
Un po’ fuori dal cerchio dei riflettori, di questi tempi, ma non abbastanza all’esterno perché si eviti del tutto di nominarlo. È lo strano caso di Alessandro Florenzi, è la sua strana estate che se ne sta andando, finora, con l’attraversamento di una serie di condizioni transitorie e soprattutto ipotetiche: papabile futuro capitano, ma non troppo, in particolare negli ultimi tempi; teoricamente componente della linea dei quattro in difesa, ma dopo le ultime due amichevoli contro Tor Sapienza e Trastevere non più di tanto; componente del trio alle spalle della punta e occupante della trequarti ma non considerabile con certezza titolare; giocatore autoctono ma non bandiera in senso stretto, dopo una serie di passaggi che hanno minato la percezione della piazza circa la sua appartenenza; senatore “in pectore “ di uno spogliatoio che non sa se continuerà ad accoglierlo dalla fine di agosto in poi.
Come si è arrivati a questo? Una serie di passaggi a vuoto dal punto di vista comunicativo, diremmo di grammatica comportamentale in relazione all’ambiente, con il suggello della mancata investitura da parte di Francesco Totti nel fragoroso ultimo giorno da romanista di quest’ultimo.
Una sensazione, per quanto paradossale: in questo momento ad Alessandro Florenzi gioverebbe che tutte le componenti, a vario titolo, della galassia romanista lo considerassero soltanto per quello che vale come patrimonio tecnico, in seno alla rosa giallorossa. Sarebbe un modo, una volta tanto obiettivo, per ripartire da una correttezza di rapporti, prima che torni il sereno, coi giusti tempi e modi, anche sul fronte emotivo del rapporto. Anche perché, nota a margine, gli estimatori che vanta al di fuori del Raccordo Anulare, incluso un certo Antonio Conte, non sono tutto scemi o incompetenti.