LAZIO-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Avremmo chiesto di svegliarci alla fine del primo tempo, se avessimo saputo prima (francamente tutto potevamo aspettarci, ma non un atteggiamento del genere da parte della Roma) dei ritmi compassati e della prevedibilità generale che hanno caratterizzato il primo tempo degli uomini di Di Francesco.
Se poi vogliamo subito parlare del gol di Caicedo, dobbiamo subito dire che una bambola difensiva del genere non la giustifica nemmeno l’assenza di Manolas. Nella fattispecie: pachidermico Fazio, dormiente Juan Jesus.
La Lazio cosa potrà mai avere in più della Roma, che le è superiore tecnicamente ma che vanifica questo dato qualitativo a causa dello scarso piglio che ha caratterizzato l’approccio dei giallorossi alla gara? La Lazio, visto che cominciamo a scrivere al termine dei primi 45’, ha semplicemente avuto più fame e maggiore disciplina tattica. Lo dimostra il reiterarsi di incursioni biancocelesti sempre per vie centrali, con errori, compresa la dinamica che ha portato al vantaggio degli uomini di Inzaghi, che iniziano molto, molto più su di Olsen.
Che la ripresa si apra con un sinistro di Zaniolo, dopo un controllo mirabile con l’altro piede, vorremmo interpretarlo come un buon segno. Abbiamo però bisogno di conferme: al minuto 49 arriva la conclusione rasoterra di Pellegrini. C’è vita sulla trequarti giallorossa?
Si continua a sbagliare la misura di passaggi e disimpegni elementari; prima del minuto 60 troppi giocatori della Roma hanno l’aria smarrita e perplessa di chi sente ancora, dopo due terzi di gara, di non essere entrato del tutto in partita.
Destro teso di El Shaarawy schiaffeggiato da Strakosha oltre il palo, al minuto 59. Sarebbe comunque uscita, ma ci attacchiamo a ogni sussulto.
Dopo una percussione con tanto di conclusione smorzata in area, Zaniolo (dolorante a un fianco da un po’) cede il posto a Perotti. Nella Lazio Immobile rileva Caicedo, che prima di uscire dovrebbe ringraziare sentitamente la coppia Fazio – Juan Jesus. Poi arriva anche Pastore, in luogo di De Rossi, nella Roma. Stravolgimenti tattici.
Minuto 67: destro a spiovere, potenzialmente mortifero, di Florenzi dal settore destro della trequarti; si supera Strakosha alzando oltre la traversa.
Adesso è più Roma, nel computo degli episodi, ma manca ancora il cinismo in fase di finalizzazione. Minuto 72: Correa come una lama nel burro, Fazio ad arrancare; contatto in area, senza che si capisca benissimo quanto l’impatto sia falloso. Mazzoleni indica il dischetto e poi trova il conforto dell’auricolare. Immobile trasforma, vanificando l’intuizione di Olsen che arriva a toccare la sfera. Ma al di là dell’episodio, continua ad essere imbarazzante tutta la fase difensiva romanista, tanto che basta uno strappo di Correa per sbilanciare un’intera retroguardia.
Inzaghi rileva Correa con Cataldi, al minuto 78.
A 10’ dal termine, ci sentiamo già di poter anticipare la fase del commento: questo è già un giudizio sulle chance che assegnamo alla Roma di riaprire la gara.
Un derby si può anche perdere, quando il vento degli episodi soffia in direzione ostinata e contraria; è però delittuoso affrontarlo così, con questa insipienza motivazionale e questa mollezza agonistica. Respira l’Inter, nel frattempo, intanto il Milan se ne va.
Mentre finiamo di scrivere il nostro commento, non possiamo ancora conoscere il contenuto delle dichiarazioni di Di Francesco, in dettaglio.
Scommettiamo però che come al solito reitererà il concetto della mancanza di motivazioni, dell’atteggiamento sbagliato, dell’essere stati disattenti…con il distacco di chi stia parlando di un altro timoniere, però.
Intanto Cataldi arrotonda il risultato, che diventa umiliante.
Espulso Kolarov nel recupero, per una schicchera sul pancino di Immobile.
Stavolta davamo per scontato il fatto di vedere una Roma col coltello fra i denti. Non abbiamo visto il coltello, francamente nemmeno i denti.