ROMA-PORTO. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Chi predispone una cornice così, non sarà mai un cliente. L’Olimpico avvolge la Roma, le nuvolette di fiato che portano l’inno verso il cielo fanno evaporare ogni risentimento.
È la Champions, bellezza, che fa indossare lo smoking a ogni stato d’animo.
Piacevolezza nel sostanziale equilibrio: questo sarebbe il giudizio di un osservatore neutrale di fronte al palleggio fluido di Danilo e compagni, spesso interrotto dai break di una Roma, Pellegrini in testa, tempista come mai nell’anticipo.
Quando Dzeko divelge il palo, al minuto 38, dopo un dribbling secco e sontuoso al tempo stesso su Militāo, ci viene da benedire una simile fame agonistica e da augurarci che a saziarla possano essere alla fine solo le cifre sul tabellone.
Il tempo si chiude con qualche tacchetto e qualche manina portoghesi di troppo, segno che l’intensità romanista comincia a mandare fuori giri le trame dei capolista della Liga Sagres.
Cosa dà Daniele De Rossi a questa squadra, quando gli è possibile pilotarne umori e agonismo sin dal primo minuto? Le dà un condottiero, oltre che un capitano.
Ogni destino è di là da venire, inoltre ne abbiamo vissute troppe di partite condizionate da una deriva che non ci saremmo aspettati per poterci sentire autenticamente confortati. Quello che stasera si può già dire, però, è che la Roma del primo tempo avrebbe lasciato molti meno punti per strada, in campionato e che a Firenze non avrebbe consentito quasi nulla a Chiesa e compagni.
Una serata di tifo così intenso e incessante, settore ospiti compreso, non merita i due zeri nelle cifre del risultato, però mentre lo pensiamo il colpo di testa di Danilo in torsione soffia la sua traiettoria malefica sulla guancia del palo alla sinistra di Mirante.
Equilibrio addirittura maggiore, ma a ritmi più compassati. Serve l’episodio o, in alternativa, il cambio giusto. È un’ultima mezz’ora che può assecondare la china dei primi due terzi di gara, o lasciarsi capovolgere dall’onda anomala. Ci viene in mente Kluivert, per dirne una: la più probabile e spendibile data la panchina di stasera.
Quando Brahimi somatizza un po’ troppo due carezze di De Rossi e Cristante, Conceição perde testa e frangetta, ma la riga in mezzo gliela fà Zaniolo al minuto 70, con un diagonale che Casillas vede nascere e morire laddove solo i suoi occhi possono raggiungerlo. È l’episodio, assieme al vantaggio e al primo gol in Champions del numero 22 romanista.
Proprio per questo, ora può arrivare il raddoppio.
Minuto 76, percussione di Dzeko per vie centrali, diagonale del monumentale numero nove della Roma, ancora il palo. Poi arriva Zaniolo, ancora lui.
Non sarebbe dovuto arrivare il gol di López (che era subentrato a Brahimi) maturato dopo un rimpallo rocambolesco, tre minuti dopo, perché farà ancora più caldo, così, a Oporto.
Di Francesco puntella il vantaggio con N’Zonzi e Santon in luogo di Pellegrini e Zaniolo (ovazione).
Poi arriva anche Kluivert, al posto di El Shaarawy appena ingiustamente ammonito da Makkelie.
Sinistro di Kolarov come un destro di Tyson in faccia a Casillas. Stordimento.
Finisce così, con tanta Roma e tutto ancora in palio.
Che grande giocatore sei, Edin Dzeko.