Panchina corta
(IL TEMPO, Austini) A Di Francesco si è ristretta la Roma. Infortuni, squalifiche e… bocciature: la rosa che sembrava extralarge adesso offre meno opzioni gradite all’allenatore. Così ha parlato dopo il successo soffertissimo contro il Bologna: «Forse abbiamo pagato la gara col Porto, a volte da una partita all’altra bisogna cambiare più uomini perché la lucidità mentale può fare la differenza. Stavolta non l’ho fatto per scelta, mi servivano determinati uomini per il 4-3-3, nella convinzione di poter dare continuità avendo sei giorni di recupero dopo la Champions. Sono rimasto sorpreso, eravamo poco brillanti. Ma non ho la palla di vetro».
Fatto sta che la Roma ha offerto un’altra prestazione sconcertante nel primo tempo, una mezzora discreta a inizio ripresa che sembrava potesse bastare, poi un altro finale all’insegna di fragilità e paura. Distrutta dalla Fiorentina in Coppa Italia, aggressiva, compatta, determinata contro Milan, Chievo e Porto, di nuovo messa sotto dal Bologna: l’ennesimo saliscendi inspiegabile della stagione che conferma un difetto a cui Di Francesco non sa come rimediare.
Il turnover poteva essere l’arma per scongiurarlo, ma come dice l’allenatore la «scelta» è stata un’altra. Ed è dettata da una valutazione ormai chiara della rosa: l’abruzzese si fida di Olsen più 15 giocatori di movimento. Tanti sono quelli che hanno giocato almeno 1000 minuti in stagione, più Karsdorp fermo a 543’ ma ora rientrato tra i potenziali titolari. E siccome lunedì lui, Schick e Under erano fuori per infortunio, Di Francesco è stato costretto a confermare nove undicesimi della formazione anti-Porto, che sarebbero stati probabilmente dieci senza i problemi accusati da El Shaarawy.
Se a destra il ballottaggio Florenzi-Karsdorp era reale prima dell’infortunio dell’olandese, Kolarov è rimasta l’unica opzione a sinistra e infatti è il giallorosso con più minuti accumulati in stagione – 2637 – portiere compreso, oltre ad essere il vice-capocannoniere della squadra insieme al «Faraone» con 8 gol. Luca Pellegrini è andato a Cagliari, Santon non si vede più tra i titolari, al centro giocano sempre Manolas e Fazio quando stanno bene. L’argentino va in campo a prescindere nonostante prestazioni quasi sempre piene di errori, il greco è l’unico difensore di livello, mentre Juan Jesus è reduce da un infortunio ma non ha mai convinto del tutto Di Francesco, per non parlare di Marcano.
A centrocampo gli uomini utilizzati si sono ridotti a cinque e fra questi c’è un De Rossi rientrato dopo tre mesi e che a ogni allenamento incrocia le dita per la tenuta del ginocchio. Tocca quindi a Nzonzi, Cristante, Pellegrini più Zaniolo che nelle ultime partite si è dovuto spostare in attacco. Coric è stato bocciato sin dall’inizio e non ha mai guadagnato fiducia (2 presenze e 45′ in tutto), Pastore è scomparso dopo Firenze e troppi infortuni. E l’allenatore che non sa valorizzarli? O non sono pronti i giocatori? Il dibattito è aperto.
Pure in attacco non si vive d’abbondanza dopo gli infortuni di Schick e Under. Perotti da oltre un anno è una presenza virtuale, Kluivert un giovane che deve imparare tanto, così Dzeko ed El Shaarawy si ritrovano a fare gli straordinari. Una Roma che si riscopre più «corta» di quanto pensasse. E deve rincorrere la Champions.