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Roma, se ci sei batti un colpo

IL TEMPO (Austini) – Toccato (si spera) il fondo del barile, si può soltanto risalire. Giusto? Non resta che pensare questo alla Roma incerottata, insicura, complessata, triste e in grave ritardo di classifica affronta una delle partite più attese della stagione con le peggiori premesse possibili.

I nove punti di ritardo dall’Inter certificano al momento un sorpasso dopo sei anni a guardare i nerazzurri dall’alto in basso, Spalletti, l’ex più discusso, stasera all’Olimpico ha l’occasione di allungare a dodici il vantaggio e chiudere il suo conto personale con tanti mesi d’anticipo.

Ma Di Francesco, e ci mancherebbe, non si arrende in partenza. Anzi. Ha trascorso gli ultimi giorni a ripetere il copione finora inutile di questi primi mesi di una stagione davvero maledetta: dare forza ai giocatori lavorando sul campo, cercare di motivarli, tranquillizzarli, togliere dalla testa di un gruppo incapace di reagire il pensiero di che è sconfitto in partenza o alla prima difficoltà.

Il problema è che a Roma, più che altrove, l’impresa è titanica. E lo dimostra lo stesso allenatore infastidito, che ci tiene a ricordare in conferenza stampa quarto già detto dopo il ko col Real: “Mi dicevate (ma chi?, ndr) che era sbagliato far riposare a Udine Dzeko e invece avete visto che si è infortunato. Voi scrivete, pensate e dite, io non ho l’anello al naso”.

Poi, interrogato sull’incapacità sua e della squadra di isolarsi da tutte le chiacchiere che si fanno fuori da Trigoria, spiega: “Uno prova a tapparsi le orecchie ma non sono capace a nascondere i miei sentimenti e a non dire quello che penso. Lo faccio sempre con onestà e voglio spiegare, non giustificare. Si chiede scusa quando uno cerca di non essere se stesso e non dare una mano. E’ facile – aggiunge quasi a rimproverandosi – ripetere “lo avevo detto”, ma da allenatore devo risolvere le cose”.

Sui problemi tattici si può lavorare. Su quelli fisici intervenire e cercare rimedi. Ma quando vedi Under sbagliare un gol da dentro la porta, Fazio passare un pallone a Bale e ti rendi conto che di errori così, all’improvviso, la Roma ne commette uno a partita, dove la trovi la soluzione? “L’attenzione che avevamo avuto nel primo tempo è svanita in un attimo. Fazio non ha visto Bale, l’errore e di concetto non psicologico: quando il portiere rinvia male e corri verso la tua porta la devi mettere lateralmente o tirarla dall’altra parte. Sto cercando di muovere il più possibile all’interno dei ragazzi”.

Il tempo per sbagliare sarebbe scaduto da un pezzo. Con l’Inter sarà la volta buona? “Ci sono tante componenti in questo momento, come le assenze e l’aspetto mentale, ma dobbiamo tirare fuori quel qualcosa in più. Lo diciamo spesso, è ora di farlo. C’è grande delusione, siamo in debito con i tifosi giallorossi, a cui dobbiamo dare qualcosa indietro: un obbligo che abbiamo tutti”.

Con Dzeko in infermeria insieme a De Rossi, Lorenzo Pellegrini, El Shaarawy, Karsdorp e Coric davanti toccherà ancora a Schick.

“Patrik ha giocato 500 minuti più dell’anno scarso – dice consultando il foglio con le statistiche che si è portato in sala stampa – deve avere più determinazione in quello che fa, non solo calciare in porta, credere nei suoi grandi perché altrimenti stiamo sempre a dire che ha enormi qualità ma l’aspetto mentale è predominante in un calciatore”. E nella Roma, non solo Schick, la testa è la vera debolezza di quest’anno.

 

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