Cristante e Ünder risparmiano alla Roma la fatica dell’esonero
LA REPUBBLICA (Pinci) – Quando Cristante s’è arrampicato tra Biabiany e Deiola non ha risolto soltanto il problema della distanza dal 4° posto. Ma pure il problema di trovare un tecnico in grado di sostituire in corsa Di Francesco. L’appuntamento che il ds Monchie presidente Pallotta si erano dati per decidere le sorti del tecnico era la serata di ieri: ma al fischio finale di Parma, non c’erano più dubbi.
Quel 2-0 della Roma al Tardini aveva già fatto rientrare l’allarme, e non solo perché si trattava della seconda vittoria di fila, terza nelle ultime quattro partite. Ma perché dopo essersi sciolta tra la fine di novembre e la prima metà di dicembre, dal secondo tempo contro la Juventus la squadra ha iniziato a raccontare di evidenti segnali di risveglio.
Sembrava la fine del mondo, solo una settimana fa: «E invece sono ancora qua», gonfiava il petto Di Francesco, citando Vasco e autoincoronandosi: «I grandi sanno perdonare», senza spiegare se ce l’avesse con le critiche che può aver letto o piuttosto con chi ai vertici societari era pronto a metterlo in discussione. Contro Pallotta, in città, poster minacciosi e intimidatori. Per la seconda volta, visto che già a fine settembre aveva scricchiolato. Pure lì, sull’orlo del burrone era scattato qualcosa: ne nacque il 4-2-3-1 da cui adesso la Roma non può prescindere.
Stavolta lo ha salvato un Cristante capace di trainate da solo l’incerta carrozza romanista fuori dalle sabbie mobili. Certo un po’ del suo destino è anche passato per gli errori di un Parma horror: chissà cosa ne sarebbe oggi se Siligardi avesse infilato Olsen anziché calciare centrale chiamandolo alla parata salva risultato. O se sul vantaggio fosse saltato qualcuno più attento.
Anche ieri la Roma aveva faticato a lungo, in effetti: ma a differenza del recente passato la difesa – che prendeva gol da 12 partite in fila – ha tenuto. Offrendo anzi le occasioni per allargare il conto, materializzato da una giocata sull’asse Pellegrini-Ünder.
E non è un caso se l’allenatore, che fino a ieri aveva quasi scaramanticamente evitato l’argomento, ha iniziato a parlare del mercato che verrà: «Qualcosa si muoverà, in base alle nostre esigenze ma anche in base a chi può partire». Pastore potrebbe partire di già, ha offerte pure Dzeko, di cui però l’allenatore non vuol privarsi proprio adesso. Certo, ha scricchiolato: proprio nel momento in cui la rosa s’assottigliava per una serie maledetta di infortuni, quando perdeva calciatori d’esperienza, mentre si trovava a dover affidare il proprio destino a una banda di ventenni.
Ne è uscito Zaniolo, «che però stavolta ha giocato male»: un merito che l’allenatore si prende anche per averlo trattenuto a forza in estate quando tutti o quasi pensavano fosse meglio mandarlo in prestito. Lo aveva già fatto un anno fa con Ünder. Elementi che pesano anche nelle valutazioni della proprietà, poco convinta da Paulo Sousa, che a Trigoria è stato descritto come poco aziendalista. Meglio andare avanti così: la scelta più comoda per tutti, se anche la migliore il tempo lo dirà.