CAGLIARI-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Per Gigi Radice non basta una fascia nera al braccio e non è sufficiente un minuto di raccoglimento: per onorarne la memoria ci vorrebbero novanta minuti di cuore e di agonismo, perché è attraverso doti del genere che una squadra moltiplica le sue qualità, quando ne ha poche; che esalta quelle che ha quando sono molte, come quelle di questa Roma strutturalmente carente ma indiscutibile quanto a bagaglio tecnico.
C’è Manolas, ed è comunque una buona notizia, per ogni altro componente del reparto difensivo.
Una nota a margine, ma forse non marginale: ‘N’Zonzi in fase di palleggio fa cose non comuni, facendole apparire comuni, anzi normali. Queste sono doti, poi del resto si potrà sempre discutere.
Da cosa si capisce che la Roma entra in partita con la testa ideale? Dal fatto che Zaniolo pilota un pressing altissimo, che comincia appena finisce l’area di Cragno. Questa è la fame che sempre si vorrebbe vedere esibita dalle maglie giallorosse, oggi argentate e tese come vele dal vento dell’antica Casteddu.
Giustino Kluivert, col suo tocco in anticipo verso Cristante, grattugia lamelle di tartufo bianco su un’azione rapida ma normale, nata dalla progressione sul lato destro di un Florenzi agonisticamente cazzuto, passateci il termine. Sembra che Cragno possa farci di più, sulla conclusione dell’ex orobico, ma in realtà è il tiro ad apparire meno teso e fulmineo di quanto in realtà sia.
Nonostante arrivi anche il raddoppio, per merito della conclusione chirurgica di Kolarov e della deviazione voluta dal fato da parte della barriera cagliaritana, alla fine del primo tempo ci si trova col paradosso di una recriminazione: si è tirato troppo in porta, per aver segnato due soli gol.
E Schick? Si siede a tavola come se avesse già mangiato prima. Rende l’idea?
Il Cagliari ricomincia con vagiti di dinamismo frustrati dalla superiore cifra tecnica romanista, che apre tagli di lametta davanti alla retroguardia rossoblu, come quando Zaniolo, con coordinazione apollinea, conclude a botta sicura di sinistro facendo esibire a Cragno un volo da stunt-man.
Il Cagliari vorrebbe il rigore per una pallonata sul polso di Kolarov. Siamo seri, per una volta che la mano morta è davvero involontaria.
Joao Pedro dopo l’ora di gioco comincia ad avere un po’ troppi metri a sua disposizione, è in questi frangenti che deve scattare la cura del particolare.
Luca Pellegrini per Kluivert è al tempo stesso logica e lungimiranza, in vista di Plzen. Poi ragioneremo su Genoa e Juventus.
Quando Schick esce, qual è il giudizio sulla sua prestazione, prescindendo dal fatto che la stoccata sotto porta gli è mancata oggi più che in altre occasioni? Di lavoro oscuro ce n’è stato tanto, stasera.
Perché il Cagliari la riapre, a 6’ dalla fine? Perché l’ingresso di Pajac in luogo di Padoin ha dato una svolta al ritmo, col passare dei minuti, ma soprattutto perché non deve essere Pastore a marcare Joao Pedro sul primo palo. Sembra essere una tassa inesorabile, quella delle partite controllare quasi fino alla fine e poi rimesse in discussione. Limiti.
Dopo 5’ di recupero, con tanto di espulsione di Maran dalla propria area tecnica, la Roma getta i tre punti al vento degli ultimi tentativi cagliaritani. Olsen si è fatto malissimo, Faragò, Ceppitelli e Srna tentano di farsi giustizia pretendendo che si rialzi, questi ultimi due si beccano il rosso sacrosanto di Mazzoleni.
Sembra finita, poi Sau si materializza davanti a Olsen. Non segnava dallo scorso inverno.
Così fa male, forse più di una sconfitta.