UDINESE-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Udine, provincia di Champions. Che vuol dire? Beh, che non soltanto il Real (senza guardare ai suoi rovesci nella Liga) è vicino, ma che il vero big match per la Roma è questo della Dacia Arena, già Stadio Friuli per chi ricorda gli anni che vanno da Zico a Di Natale.
Come si ottengono i tre punti, giocando a scacchi? Non è una provocazione, è ciò che riassume Behrami alla fine del primo tempo: nei pochi giorni passati con Nicola hanno potuto lavorare soltanto sulla fase difensiva; risultato: Roma vicina all’ottanta per cento di possesso palla, Udinese ben sistemata – non soltanto arroccata – nell’assetto e nell’attesa.
Perché Kolarov è un giocatore intelligente? Perché è il primo a capire che per svellere lo zero a zero occorre affidarsi, oltre che agli auspicabili cambi di ritmo negli ultimi trenta metri, alla giocata isolata, alla conclusione improvvisa, finanche da calcio d’angolo.
Certo che se vale il pregiudizio secondo cui basta alzare le braccia con aria innocente dopo aver spinto – magari non troppo energicamente – un avversario, quello di Samir su Pellegrini non sarà mai fallo da rigore. Noi però dopo averlo visto e rivisto ci metteremmo almeno un “quasi”. Vabbè.
Giustino Kluivert è uno di quelli che la può spaccare, ‘sta partita così bloccata, soprattutto quando i break di Pellegrini gli creano il corridoio da un momento all’altro, però impari che anche le giocate normali sono ammesse, nel campionato italiano. Oltretutto, non si può sbagliare più volte il primo controllo.
Il gol di De Paul arriva come se una vecchina con cui stai parlando sull’autobus ti mollasse improvvisamente un ceffone. Geniale l’assist di Pussetto, nitido nel controllo l’autore del gol, ma la difesa della Roma reagisce con tempi da Subbuteo. Non è ammissibile che in un pugno di fotogrammi Juan Jesus e Fazio appaiano subito così lontani. Lo so, avete subito pensato a chi non c’è.
L’Udinese vorrebbe il raddoppio da un’azione che è un frullato di irregolarità, iniziate dal pestone a Pellegrini nell’area bianconera, culminate col braccino di Pussetto. Sì ma la Roma dov’era?
Schick, se sei batti un colpo, perché dopo un’ora si stanno facendo gli stessi discorsi che si facevano contro la Sampdoria prima del gol. Il fatto è che oggi dopo un’ora e dieci minuti arriva Dzeko. Nel frattempo, era già arrivato Ünder al posto di Kluivert (speriamo che la stizza di Giustino al momento della sostituzione fosse rivolta a se stesso, non ad altri, perché sarebbe paradossale).
Da un certo momento in poi si tiricchia in porta, avvicinandosi un po’ di più, ma è poca roba, dopo settantacinque minuti di noia e svantaggio.
Pellegrini costretto a uscire, forse a causa del flessore: brutte notizie in vista del Real, anche se per la prestazione odierna non c’è Real che tenga. C’è Zaniolo.
Al di là di ogni considerazione tattica o atletica, perché questa squadra non ha fame? Cosa può giustificare la sua mancanza di quel quid di determinazione che fa la differenza?
La sensazione, a cinque minuti dalla fine, è che potremmo già inviare l’articolo, perché nulla potrà cambiare, giocando a questi ritmi e trovando questi muri davanti.
Fofana è ovunque, ma non stiamo parlando di Pogba.
L’impatto di Dzeko sulla gara? Uguale ai settanta minuti di Schick. Poi ci mette la testa un paio di volte, ma guardatelo in volto.
El Shaarawy la poggia di piatto a due minuti dalla fine: quando il particolare spiega l’universale.
Dopo sei minuti di recupero, un’immagine crepuscolare: questo campionato rischia di assomigliare a un lunghissimo autunno.