EDICOLA. Stadio, ricorsi persi in partenza
IL TEMPO (Magliaro) – Di fascicolo in fascicolo: lo Stadio della Roma di Tor di Valle deve fare davvero molta paura se non passa giorno senza la notizia che vi sia qualcuno che si reca in Procura e presenta esposti. La cui fondatezza, per altro, è decisamente dubbiosa.
L’ultimo è quello annunciato e poi presentato dal Tavolo della Libera Urbanistica, guidato dall’architetto Francesco Sanvitto, già attivista 5Stelle della prima ora, cacciato dal capo supremo in persona, quel Beppe Grillo che sconfessò l’operato proprio di Sanvitto e dei suoi disconoscendone il valore. Che l’architetto fosse contrario allo Stadio è cosa nota. E, sin da quando è iniziata la vicenda, le sue posizioni non sono cambiate: calcolo sui parametri di costruzione (la Superficie Utile Lorda), mancato voto preliminare in Consiglio comunale sulla variante urbanistica, il rischio idrogeologico. Andiamo per ordine: il divieto di costruire nell’area di Tor di Valle per il rischio idrogeologico viene superato proprio dalle opere previste dal progetto per eliminare il problema dei rigurgiti del Fosso del Vallerano.
Lavori che vanno realizzati prima di costruire qualsiasi cosa e che, una volta completati, daranno origine a un declassamento del rischio dell’area. Obiezione quindi stantia e più volte affrontata. Il mancato voto preliminare di adozione dei testi della variante urbanistica – per il quale sarebbe addirittura diritto amministrativo ipotizzato il reato di abuso d’ufficio – è palesemente una competenza amministrativa e certo non della Procura. Sarebbe, semmai, del Tar, dato che investe l’interpretazione di una norma di dall’ex assessore all’Urbanistica della Raggi, quel Paolo Berdini grande «amico» dello Stadio. Senza che venisse, per altro, ravvisato alcun errore nel calcolo. Né il successore di Berdini, Luca Montuori – altro urbanista – ha trovato pecche nei calcoli già effettuati.
Inoltre, la due diligence del Campidoglio – quella voluta dalla Raggi all’indomani dell’arresto di Parnasi – al momento non pare aver ravvisato errori di calcolo. Errori che, anche qualora vi fossero, sarebbero ancora una volta un problema di diritto amministrativo e certo non di diritto penale. Andrebbe prima dimostrato che vi sono state delle interpretazioni «allegre» delle norme amministrative, poi, che questa leggerezza nel valutare le leggi abbia prodotto un vantaggio per qualcuno e che questo vantaggio sia stato ottenuto illecitamente con la corruzione.
Insomma, tutte questioni che investono il Tar più che la Procura (che però fa più audience) e che sono state affrontate più volte in quasi 4 anni di lavori preparatori, lavori collegiali che hanno visto riuniti intorno al tavolo della Conferenza di servizi preliminare e poi delle due decisorie, decine di tecnici fra architetti, ingegneri, avvocati, geologi.