ROMA-CSKA MOSCA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
Quanto sono belli i romanisti, che rinascono ogni volta a un’attesa fatta di entusiasmo, come se tre giorni, o anche un minuto prima non fosse accaduto nulla. E dalla gente la Roma non è stata lasciata sola mai, anche senza Champions, senza musica e stelline.
Quanto sarebbe importante vincere stasera, e per quanti motivi? Per tornare a essere una squadra, per Napoli, perché chi deve sorridere torni a sorridere. Poi per il Girone G, che è importantissimo ma viene dopo tutte le cose che abbiamo appena elencato.
A chi affidarsi? Meglio chiedersi “a cosa”, perché non se ne esce coi personalismi ma tornando a soffrire, per poi magari gioire, come gruppo, entità alla quale ogni giocatore deve qualcosa, soprattutto in questo periodo. Ecco perché i gol più belli sono nei guanti aperti di Olsen, che apre occhi e mani sotto la Sud per schiaffeggiare via ogni altra delusione già temuta, già messa in conto.
Sorridere da soli? Non vale mai la pena, nemmeno per la Coppa dalle orecchie d’elefante. Ecco perché quando la maschera di tensione di Edin Dzeko si scioglie in un sorriso duplice, noi contiamo gli assist, Pellegrini prima ed El Shaarawy dopo, oltre a Santon che porta via un uomo, a Manolas che la palla non la ruba, la asporta.
Convalescenza il più serena possibile dopo una brusca ricaduta, più che esaltarsi serve tornare a convincersi, di ciò che si ha e che si credeva smarrito, di ciò che manca e a cui la grinta dovrebbe sopperire. Perché non c’è limite maggiore di quello a cui ci si abitua, quando si comincia a pensare che non ci sia qualcosa di più importante da poter fare. Da poter pensare di fare, meglio.
Perché Di Francesco fa tornare Kolarov dopo settantadue minuti? Perché si profila un ciclo, in realtà già cominciato, in cui ci sarà bisogno di tutti quegli uomini in grado di digrignare i denti.
Il CSKA è l’avversario dirimente per le sorti della Roma, nel girone; lo è al punto tale che i russi pensano la stessa cosa dei giallorossi.
E Schick? Arriva in luogo di un De Rossi applaudito e invocato, dopo una partita di sostanza e lucidità.
Regala un dribbling di altissima scuola, che sempre evapora, però, nelle scintille del penultimo contrasto.
Fumogeni per i supporters russi, alla fine. A noi l’arrosto. Avevamo fame.