BOLOGNA-ROMA. “Storia di ieri”, riflessioni del giorno dopo…
di Diego ANGELINO – Bologna-Roma è una partita in cui cambia l’avversario ma che, ciclicamente, si ripropone nella storia giallorossa.
È una gara spartiacque: quella in cui si rintraccia con precisione il capro espiatorio, l’allenatore, che andrà probabilmente a pagare per colpe non prevalentemente sue.
Santander, dunque: ennesimo carneade che si aggiunge alla lunga trafila di eroi per caso che spesso si ergono a tali proprio nelle giornate più buie della Roma.
Superfluo parlare dei peggiori o dei meno peggio: Di Francesco è stato freddamente lucido nel postpartita, dicendosi alla ricerca prima di uomini che di calciatori.
Perché si può esser guidati dall’allenatore più scarso del mondo, ma al di là di scelte e moduli è come vai in campo con la testa che fa la vera differenza.
Ben venga il ritiro, istituto sempre troppo poco utilizzato in questi anni americani: un piccolo segnale anche per responsabilizzare una squadra che non deve permettersi di lasciarsi andare.
Sarebbe bello se, per una volta, si riuscisse a cambiare il finale del film: l’allenatore viene sostenuto e la squadra si riprende, anziché sostituirne un altro, fare benino qualche mese e poi prepararsi a bruciare anche il prossimo tecnico.
Perché finché la società continua a smantellare la squadra anziché consolidarla, il destino di tutti gli allenatori è già segnato in partenza.