MILAN-ROMA. A PRIMA VISTA… di Paolo MARCACCI
La Roma è inedita, ridisegnata tatticamente e generante curiosità riguardo ai nuovi, nuovissimi diremmo, Karsdorp compreso, ovviamente. La formazione è un’investitura per tutti quelli chiamati a ritagliarsi un ruolo da protagonisti. Al tempo stesso, è anche un avviso ai naviganti, dopo una settimana di messaggi tutt’altro che velati da parte di Di Francesco.
Il Milan del primo tempo è lo stesso che con autorevolezza si era “preso” il terreno del San Paolo. La Roma è compassata e ripiegata su se stessa, anche per quanto riguarda il palleggio. La fluidità è una dote della sponda rossonera, questione di movimenti e titubanze.
Si accettano dibattiti sulle responsabilità in occasione del vantaggio firmato da Kessie, aprendo una procedura concorsuale. Forse non tutti avrebbero tolto Marcano alla fine del primo tempo, mettiamola così. Però ai due terzi di gara è proprio Fazio, con una segnatura figlia anche del caso e della contingenza, a firmare un pareggio che non sembrava essere nell’aria, anche se le geometrie della Roma si sono fatte più nitide, più brillanti i ritmi.
Olsen decente nel primo tempo, quando viene chiamato alla risposta. Poi, quando Biglia innesca Higuain, resta nella terra di nessuno in cui il Pipita fa carne di porco dei metri e della palla che riappare in fondo al sacco. Nulla di fatto dopo il riesame, a bocce ferme, ma la dinamica evidenzia comunque quello che appare essere il tallone d’Achille del portiere svedese.
Però c’è una questione difensiva nella Roma, a livello di movimenti e reattività. In questi casi, quando le défaillance sono ricorrenti, le perplessità spesso iniziano nella linea precedente.
N’Zonzi, guardiano raffinato e supervisore lungimirante, un certo calo dopo un’ora è prevedibile; il fatto che esca Pastore la dice lunga sulla prestazione del Flaco e sulla incontrovertibile utilità del Campione del mondo. Poi arriva il gol. Arriverebbe? Non arriva? Troppe braccia per un uomo solo.
Poi un buco clamoroso, quando non ne ha più da svariati minuti.
Tornando a Pastore, quando l’argentino troverà la brillantezza per non giocare sottoritmo, continuiamo a essere convinti che ci sarà da divertirsi.
Se parliamo di Fazio con perplessità, bel gol a parte, di Kolarov cosa dovremmo dire?
Dzeko – Schick: troppo ingombro per la stessa mattonella, stasera. Ma non va rigettato l’esperimento.
Una sensazione, nel finale: se la Roma non fosse così titubante, a questo Milan nell’ultima mezz’ora verrebbe il braccino, come a Napoli.
Karsdorp, fatta la tara della lunga inattività, sufficienza piena, forse addirittura meglio nella ripresa che nella prima parte. Poi nel finale gli subentra un’altra incarnazione di interrogativi vari, ossia Santon, ex predestinato. Non male, stasera.
Una curiosità: nel Milan la maglia numero sette l’hanno vestita Donadoni e Shevchenko; oggi Castillejo.
Una sensazione, nel finale, con la Roma che ragiona di più a ritmi più bassi e prima del tracollo finale: sembra debbano spartirsi la posta due incompiute, con più Milan soprattutto nella prima parte ma con incertezze diffuse e distribuite.
A molti romanisti Suso non sarebbe dispiaciuto, noi siamo tra questi.
Interrogativo quasi shakespeariano, alla fine: cosa avranno da dirsi in settimana Monchi e Di Francesco?