COLPI DI SOLE di Paolo MARCACCI
Due ragazzi diventano amici: la cosa più naturale del mondo, oggi come qualche secolo fa. Indipendentemente dal contesto, anche se in questo caso il contesto ce li rende cari in partenza, per così dire: i campi di Trigoria, il centro sportivo “Fulvio Bernardini”, nei giorni che precedono l’arrivo del resto del gruppo.
Corrono, sudano e sbuffano insieme, Ante Coric e William Bianda; il primo nativo di Zagabria, il secondo della cittàdina francese di Suresnes. I primi giorni comunicano tramite Google Translate – dedicato a chi demonizza internet – perché William non parla quasi per niente; poi piano piano l’inglese si fa meno farraginoso e i dialoghi meno faticosi; subentrano anche le lezioni d’italiano, che nel loro caso è l’esperanto delle ambizioni da giovani calciatori. Tutto questo lo rivela Coric nell’intervista rilasciata al sito ufficiale della Roma, descrivendo con semplicità la loro recente amicizia. Solo che la semplicità sa essere, a volte suo malgrado, profondissima, come la frase che il centrocampista croato distilla per descrivere il loro rapporto: “È un fratello nato da un’altra madre”. E ti viene da toglierti il cappello, davanti a parole del genere; quindi preferisci tralasciare gli argomenti sui quali avevi già impostato il pezzo: l’arrivo di Olsen e l’errore di paragonarlo ad Alisson, il gioco delle tre carte del Bordeaux e del Barcellona a proposito di Malcom, la tournée americana…
“È un fratello nato da un’altra madre” è una sentenza d’umanità, è ciò che ci riscatta da quello che rischiamo di diventare o che in parte siamo già diventati; è come vedere una fogliolina laddove pensavi non ci fosse più ragione d’innaffiare, né speranza di veder germogliare nulla.
Certamente i nostri lettori lo sanno già, essendo per il novanta per cento romanisti, ma Ante Coric ha lineamenti più da nordeuropeo che da abitante dell’Europa orientale; William Bianda è un francese di pelle nera, nerissima, perché nelle sue vene scorre sangue ivoriano. Come furono Luz Long e Jesse Owens, amici a dispetto di ogni idiozia, anche della più pericolosa.
Senza voler cercare paragoni storici forzati ed eccessivi (fino ad ora), ci piace precisare che il colore della loro pelle lo citiamo solo alla fine perché è il particolare meno importante, quando un ragazzo dice di un altro che è un fratello nato da un’altra madre, perché se per lui contasse qualcosa non pronuncerebbe quella frase.
È la naturalezza con cui la pronuncia che diventa importante per tutti noi, ancora più orgogliosi di essere romanisti, anche se Coric e Bianda fossero due studenti, o due muratori: perché rappresenta un’oasi, nella desertificazione di un’Italia sempre più cogliona e ignorante.