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RIVISTA LA ROMA. SCHEGGE DI MEMORIA: La Coppa dell’orgoglio ferito…

Dal presente al passato… Questo mese con l’amico Paolo Marcacci rievochiamo la cavalcata finale nella COPPA ITALIA del 1984… Una serata magica, unica, dalle forti emozioni, dalle forte vibrazioni: insomma, una notte da romanisti veri…

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LA ROMA 368 – Maggio\Giugno 2018
SCHEGGE DI MEMORIA di Paolo MARCACCI
“La Coppa dell’orgoglio ferito”

Rialzarsi subito, dopo essere caduti; rialzarsi con tutta la fatica che costa, a costo di mostrare a tutti il volto ancora segnato dalle lacrime di una cocente delusione: lo fece la Roma nel giugno del 1984, onorando fino alla fine la sua quinta Coppa Italia; nemmeno un mese dopo il Liverpool, abbracciata da un pubblico altrettanto ferito ma subito, di nuovo, entusiasta.

Da un certo punto di vista aveva e avrà sempre ragione Chicco Lazzaretti, quello de “I ragazzi della 3ª C”, interpretato da Fabio Ferrari (che fra l’altro è lazialissimo): quella partita non è mai stata disputata, come afferma perentoriamente in una puntata della fortunata serie televisiva di fine anni ottanta, all’interno di una scena ambientata in uno studio televisivo, durante un telequiz condotto da Marco Columbro. “Quella” partita non può che essere Roma-Liverpool del 30 maggio 1984, la finale di Coppa dei Campioni disputata allo Stadio Olimpico – campo neutro per l’occasione – tra Roma e Liverpool.

Spartiacque storico, ferita mai sanata, in attesa della vendetta sportiva che un qualche dio del calcio prima o poi si degnerà di concederci. Ai romanisti come noi, che c’erano già, che ne hanno memoria, non è mai passata quella delusione: una parte del nostro essere tifosi non si è mai ripresa da quella notte maledetta. Proprio per questo, però, è bello ed è fonte d’orgoglio ricordare che la squadra, quella squadra, forse la Roma più forte di sempre, si riprese subito, ritrovando, pochi giorni dopo la delusione più dolorosa della sua storia, le motivazioni per condurre in porto una competizione che poteva ancora consentirle di regalare un trofeo a una tifoseria tramortita per il sogno svanito, ma sempre orgogliosa di quella compagine che qualche anno prima aveva iniziato ad arrampicarsi verso il vertice del calcio italiano: rompendone gli equilibri, connotandosi come realtà non episodica, vincendo nel maggio del 1983 uno scudetto che aveva iniziato a meritare con un paio di stagioni di anticipo, Turone docet.

È dunque un mese di giugno, quello del 1984, in cui la Roma non ha tempo di stare a rimuginare su quanto sia arrivata vicino a realizzare il suo sogno più grande…

(…)


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