ROMA-GENOA SOTTOPASSAGGIO. LE CHAMPIONS DA GIOCARSI SONO DUE
di Paolo MARCACCI – Il Liverpool stasera si chiama Genoa: anima nobile del calcio italiano, crocevia dei destini romanisti di ogni epoca.
È un eterno ritorno, in effetti, da Di Bartolomei che in quel di Marassi offre a Pruzzo il decollo per battere Silvano Martina in un giorno tricolore, a Totti che lo scorso 28 maggio ha rilegato i volumi di un’intera enciclopedia calcistica.
Quello che dal primo tempo ci si aspetta dalla Roma, la Roma lo offre, col vantaggio siglato da Ünder che è davvero striminzito rispetto a quanto prodotto e scodellato dalle parti di Perin. Ma procediamo per gradi: che il Genoa vada subito in difficoltà lo si capisce dall’intervento che al minuto 16 Rossettini è costretto a compiere su Gerson. Nel corso del minuto seguente arriva per direttissima il pallone che Kolarov invia nella stazioncina dell’area piccola, sapendo che il turchetto sarà presente davanti al binario, quindi sotto la traversa.
Detto che il Genoa non ha esattamente il coltello tra i denti, gli uomini di Di Francesco – veemente e molto pretenzioso nel pungolare la squadra a bordo campo – cercano di capitalizzare al massimo la superiorità tecnica che a ritmi non trascendentali si fa ancora più nitida. Potrebbero andare a bersaglio Florenzi, Dzeko, ancora Ünder nel corso della seconda parte della prima frazione di gioco, che nella fase finale a onor del vero si chiude con una Roma più rilassata e un Genoa a encefalogramma leggermente meno piatto.
Ha avuto motivi, un pubblico che alla fine non è così scarso come si paventava alla vigilia, per divertirsi, per applaudire qualcuno dei singoli più d’una volta, come ad esempio in occasione di una veronica di Pellegrini, per distrarsi almeno un po’ dal pensiero dominante delle due date contro i Reds, già enfatizzate dalla smaterializzazione dei biglietti per la gara di ritorno del 2 maggio.
Il secondo tempo riprende con un coro della Sud, di quelli che non tramontano mai, che chiamano a raccolta nei momenti che vale comunque la pena vivere, perché quando l’inno s’alzerà dovremo e vorremo comunque tutti essere presenti.
Minuto 51: angolo per la Roma dalla bandierina tra Tevere e Curva Nord, la testa di Zukanovic sovrasta le altre, la palla termina la sua corsa con un fremito di rete che lascia sconcertato Perin. È un autogol dell’ex. Minuto 60, Migliore nel Genoa lascia il posto a Giuseppe Rossi: applausi dell’Olimpico che dà il bentornato a un giocatore tanto dotato quanto vessato dai malanni.
Subito dopo arriva il gol genoano con Lapadula che pesca il jolly da fuori area e Alisson che in qualche modo lo agevola. Si deve alzare, da questo momento in poi, la soglia di attenzione.
Ballardini chiama in causa Cofie al posto di Pandev, il Genoa si riassesta di nuovo.
Si ridisegna anche la Roma, dopo un po’, perché Manolas entra in luogo di Gerson: difesa a tre.
La Roma ora passeggia, mentre il tabellone fa piovere aggiornamenti tra Crotone, Napoli e Firenze. Nel frattempo, Schick prende il posto di Ünder e i minuti sembrano scorrere al ritmo del giro palla giallorosso; arriva in seguito anche Strootman in luogo di El Shaarawy ed è un cambio che tradisce intenzioni conservative, anche perché nel frattempo la Lazio è passata in vantaggio a Firenze.
Prosegue con quest’andazzo, fino ai 3′ di recupero al termine dei quali Luca Pairetto manda a casa un pubblico che ha visto uno dei gol più divorati della storia, tra Florenzi e Dzeko; poi un altro mezzo tra Dzeko e Schick.
Finisce così, con tre punti faticosi. Le Champions da giocarsi sono due, sia chiaro.