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ROMA-CHIEVO SOTTOPASSAGGIO – Al dio degli inglesi non credere mai…

di Paolo Marcacci – Cominciamo dai 40.000 dell’Olimpico, che ci dicono che, a prescindere dal nome dell’avversario, ogni appuntamento è importante, perché importante è ciò che sta facendo la Roma, quello che si sta giocando, l’impresa che è doveroso e – soprattutto – legittimo cercare mercoledì, con l’aiuto di un ambiente che ricorderà a tutti che le note di “You’ll never walk alone”, per quanto suggestive, mai potranno competere con “Roma Roma” di Antonello Venditti.

Ma non è il caso di pensarci, oggi, al Liverpool, perché va in scena la Champions ventura in questa trentacinquesima giornata: quella che dobbiamo ancora conquistarci il diritto di disputare. Dei Reds dobbiamo solo nominare un loro tifoso le cui sorti abbiamo tutti a cuore, ossia quel Sean Cox per il quale ogni vero appassionato di calcio in questo momento a modo suo prega.
Frustrare l’agonismo del Chievo, sin da subito: questo il mandato odierno, questo il modo migliore di stemperare la tensione in vista del 2 maggio. La Roma si sveglia subito proprio perché è all’insegna dell’intensità l’inizio degli uomini di Maran, che arrivano per primi alla conclusione con un destro potentissimo di Castro che sfiora il montante.
È principesco Schick, perché quello vero è così, nel soffiare in rete il diagonale del vantaggio, dopo la percussione di Nainggolan sul lato sinistro, grazie alla quale il pallone giunge al ceco. Ci sarebbe anche il raddoppio di El Shaarawy, ispiratissimo anche lui, con un tacco di innata naturalezza, se non fosse per i millimetri di fuorigioco. Chievo in ritirata ma soglia agonistica che resta elevata, facendosi dura col trascorrere dei minuti: giallo per Kolarov al minuto 24, dopo il contrasto ruvido con Depaoli, che deve abbandonare il campo rilevato da Jaroszynski; ammonito al minuto 28 Hetemaj per un’entrata brutta e scomposta su Bruno Peres.
Un po’ impreciso Dzeko per quanto riguarda la misura di alcune giocate; del resto con lui siamo abituati troppo bene da tempo. Intanto, per l’ennesima volta in questa stagione, con un destro a giro di El Shaarawy, una conclusione romanista ha battuto sul palo; sarebbero due se considerassimo anche una carambola tra Fazio, Sorrentino e l’onnipresente legno.
Ci vorrebbe il raddoppio prima del duplice fischio di Calvarese, anche per amministrare le energie: che dicevamo di Dzeko? Non conta già più, perché il sinistro del bosniaco fa svanire il pallone che Radovanovic sentiva già sulla tomaia dello scarpino. Gol stupendo, per coordinazione e scelta di tempo. Palla recapitatagli da Kolarov, da sinistra.
Si va al riposo così, pancia quasi piena e ancora un po’ di appetito, dopo 2′ di recupero.
Si ricomincia dall’insistenza di Dzeko, cui Sorrentino nega la doppietta su un’azione insistita; i veronesi sanno di non avere altra scelta che quella di mettere fuori la testa, quindi tentano di imbastire qualche sortita offensiva.
Minuto 10: Inglese in area, ostacolato – bisognerebbe capire quanto – da un braccio di Juan Jesus. Rigore con attesa di cartellino: il VAR decreta che è rigore e che la Roma rimane in dieci. Comincia un’ altra partita, dicono quelli bravi. Mica tanto, perché Alisson è ancora più bravo. Parata: nitida, neoclassica.
Fuori al minuto 15 Schick, per Manolas.
Roma ridisegnata per necessità, serena nella gestione di un vantaggio rimasto doppio.
Minuto 20: El Shaarawy innesta tutte le marce possibili lungo la sua percussione sul lato sinistro – da sempre il suo prediletto – prende velocità, si fuma Gamberini, la mette a giro sul palo lontano. È il terzo, sembrerebbe anche il più bello, se non arrivasse poi il sinistro a giro di Dzeko, a metà tra il biliardo e la carezza. La porta è femmina, il numero nove della Roma le ha appena individuato il punto G.
Quattro a zero con un uomo in meno: fossimo
in Maran, faremmo qualche considerazione sul finale di campionato che aspetta i clivensi.
Minuto 33: Gonalons per Pellegrini, nel Chievo Birsa per Castro. Accademia romanista in palleggio, frustrazione di giallo vestita.
Diagonale da Subbuteo di El Shaarawy, su ennesimo suggerimento di Kolarov, sul fondo, al minuto 38.
Subito dopo, ovazione per Dzeko che cede il posto a Gerson.
Minuto 43, svetta di testa Inglese su angolo da destra, prendendo il tempo a Gonalons con uno stacco da vero bomber.
Quattro a uno dunque, risultato perentorio oggi, che il dio del calcio – nei confronti del quale la Roma sarà sempre in credito – ce lo conservi anche per mercoledì. Non è questione di sogni, ma di ambizioni.
3′ di recupero, giallo evitabile a Nainggolan per proteste.
Al fischio finale torna alla mente un verso di De André, di una canzone che manco a farlo apposta si intitola “Coda di lupo”: – Al dio degli inglesi non credere mai…

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